martedì, Novembre 5, 2024

30° Torino Film Festival – Retrospettiva Joseph Losey 1/6: dai primi film al noir

Il noir di Losey

Critica al sistema e forte presa sul sociale convivono con lo scavo nella realtà interiore dell’uomo nel cinema di Losey di questi anni, e gli stilemi del noir, le incursioni nel thriller e nel gangster movie di  Sciacalli nell’ombra (The Prowler), La grande notte (The Big Night) e di M, si alternano sulla scena con gli immigrati messicani e le tensioni razziali, la manodopera a basso costo e le bidonville di Linciaggio (The Lawless). Sta nascendo un linguaggio cinematografico di straordinaria capacità metamorfica, sempre rinnovato e sempre fedele alle connotazioni di fondo, declinato, fin dai primi passi, con moduli espressivi di audace sperimentazione stilistica. Il sodalizio con Brecht ha fornito la cifra inconfondibile per un impianto teatrale di taglio espressionista, il “j’accuse” del drammaturgo nei confronti del potere è transitato dalle scene teatrali al set cinematografico, modellando codici iconografici, regime di scrittura e sintassi delle scene.
Sciacalli nell’ombra
è un thriller/noir sceneggiato da Hugo Butler, con Robert Aldrich assistente alla regia e la collaborazione di Dalton Trumbo, non presente nei titoli perché fra i dieci  nomi nella lista nera dello HUAC. É sua la voce radiofonica del marito di Susan Gilvray (Evelyn Keyes), protagonista femminile. Losey non si ferma ai temi classici del noir americano (adulterio e omicidio), in scena c’è molto di più, è il “sogno americano” del piccolo borghese, disposto a tutto pur di avere i suoi status simbol,  un buon matrimonio, anche se con poco amore, per Susan (e all’aria i suoi sogni di attrice), soldi da investire in un motel per Webb (Van Heflin) e alle ortiche la divisa da poliziotto. In primo piano questi due modelli di americano medio, poche figure sullo sfondo, la provincia americana con il suo ventre putrido proiettata all’interno di una villetta a schiera della middle class. Il focus è sul disordine morale della vita, prefigurazione del tema loseyano per eccellenza, il rapporto ambiguo “servo-padrone”, qui orientato sulla dinamica del rapporto impari fra i due sessi. Solitudine e alienazione, vivere una vita di comodo ad occhi chiusi e vedersela sconvolgere, un bel giorno, dal caso. Succede alla tranquilla Susan, bellezza molto artigianale (niente a che fare con la perfida e levigatissima Cora/Lana Turner di garnettiana memoria, né con la lunga schiera delle magniche dark ladies dei noir ben noti, e per Eva, femme fatale a pieno titolo, bisognerà aspettare Jeanne Moreau).
La fragile Susan, assolutamente intenzionata a restar fedele al marito, di cui si dichiara sposa felice senza esserlo, cede purtroppo al richiamo del maschio, seduttore con pochi mezzi. L’assedio è breve, il confine tra il male e il bene è talmente labile da perdersi nell’enigmatica sceneggiatura dei gesti quotidiani e l’amore nasce già malato. Le cortine fumogene del perbenismo sociale cadono ben presto, nel cinema di Losey, lasciando spazi desolatamente vuoti. Susan ha provato a fare cinema, ma poi la vita è così, si è sistemata con lo speaker di una radio che fa lo spiritoso ogni sera nella sua trasmissione e chiude dicendo: “Arrivo subito, Susan!”. Gelosissimo, vuole che lei l’ascolti sempre, e la povera Susy lo fa, anche quando Webb, quel poliziotto che sta tanto bene in divisa, capitato lì con un collega chiamato da Susan, terrorizzata da un guardone alla finestra del bagno, ha preso ormai l’abitudine di tornare ogni sera e, tra una coccola e l’altra, frugare nel secrétaire, scoprendo un bel testamento del marito a favore della moglie. Lo spazio claustrofobico dell’appartamento è quello in cui si consuma un adulterio anomalo per un noir (il seduttore è lui, la vittima lei, lo spettatore è lasciato sempre in bilico fra storia di sesso e innamoramento sincero, rapacità e calcolo cinico in Webb o, semplicemente, irresponsabilità incosciente di un piccolo arrampicatore sociale). Nel giardinetto antistante casa la scena del crimine perde i suoi contorni demoniaci, Webb fa fuori il marito di Susan in un agguato decisamente strampalato, l’ironia nello sguardo di Losey è sempre in esercizio. Naturalmente il processo a Webb è di quelli che, sbrigativamente, chiudono il caso come legittima difesa, essendovi implicati organi di polizia, e il matrimonio tra la vedova e l’assassino, quasi immediatamente successivo, con tanto di fiori e fotografie in chiesa, non stupisce nessuno. (continua nella pagina successiva…)

Paola Di Giuseppe
Paola Di Giuseppe
Paola di Giuseppe ha compiuto studi classici e si occupa di cinema scrivendo per questo e altri siti on line.

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