martedì, Novembre 5, 2024

30° Torino Film Festival – Retrospettiva Joseph Losey 2/6: Gli anni cinquanta

Outsider lui stesso, porterà sulla scena esseri umani impegnati in giochi di ruolo, girotondo di maschere fra cui la più ricorrente è quella dell’outsider, figura deviante inclusa in cornici tanto rassicuranti all’apparenza quanto labili e destinate a dissolversi in un gioco illusionistico di specchi.
Cinema che sembra affondare la sua ricerca di immagini nella solida certezza del reale, ha dell’architettura barocca la stessa visione policentrica, sinuosa, indecifrabile.
Che siano i tre piani della casa da nobiltà in declino del baronetto Tony (James Fox) de Il servo, o blasonate dimore edoardiane che ampi scaloni proiettano verso l’alto e ossessivi rituali domestici paralizzano sul fondo (Messaggero d’amore), sontuose ville estive sulla montagna di un’isola vulcanica del Mediterraneo di La scogliera dei desideri (Boom) o amene dimore nella campagna inglese intorno all’Oxford College, dove si consuma la frustrazione del professor Stephen (Dirk Bogarde), campione della rispettabilità borghese messa in crisi da inconfessabili pulsioni sessuali (L’incidente), che si tratti di canali veneziani ammantati da ombre profonde sotto le luci sfavillanti dei saloni sul Canal Grande (Eva) o mura grigie di un carcere dove corruzione e rapporti di potere non fanno distinzione tra carcerati e tutori della legge (Giungla di cemento), l’esperienza straniante di uno spazio irreale e insieme concreto è centrale nel cinema di Losey.
L’ambiente esterno è relegato a pretesto descrittivo. Cornice elaborata con minuziosa cura del dettaglio e raffinata eleganza di gioco cromatico, avvolge in una ragnatela quello che accade dentro, lì dove la macchina si muove agile, sottraendo fisicità ai corpi e assegnando loro i caratteri propri dell’incubo. In questi interni uomini e donne, bambini e vecchi, sono come permeati da una particolare forma di violenza, che ne siano vittime o attori, prima ancora che si esprima in gesto attivo. È una violenza sotterranea, che sembra connaturata alle cose e sprigionarsene, impercettibilmente, per gradi.

È l’immagine-pulsione di Deleuze:

Joseph Losey: pulsion d’avilissement. Joseph Losey est le troisième grand auteur naturaliste, à l’égal de Stroheim et de Buñuel. Ce qui apparaît d’abord chez Losey, c’est une violence très particulière qui imprègne ou emplit les personnages et qui précède toute action (un acteur comme Stanley Becker semble doué de cette violence qui le prédestine à Losey). C’est le contraire de la violence d’action, réaliste. C’est une violence en acte, avant d’entrer en action ; c’est une violence non seulement intérieure ou innée, mais statique, dont on ne trouve d’équivalent que chez Bacon en peinture, lorsqu’il évoque une émanation “qui se dégage d’un personnage immobile, ou chez Jean Genêt en littérature, quand il décrit l’extraordinaire violence qui peut habiter une main immobile au repos.” ( da Gilles Deleuze, L’image mouvement, Editions de Minuit , 1985. Collection Critique )

La violenza abita uomini deboli, l’innocenza non ha scampo in un mondo mediocre e feroce, nulla serve a cambiare nulla, ci dice Losey, in vario modo.

Paola Di Giuseppe
Paola Di Giuseppe
Paola di Giuseppe ha compiuto studi classici e si occupa di cinema scrivendo per questo e altri siti on line.

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