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30° Torino film Festival – Smettere di fumare fumando di Gianni Pacinotti (Italia, 2012) – Concorso

A tutti i tabagisti del mondo: smettere di fumare si può, lo giura Gipi. Ma come? Girando un film, naturalmente! Lui è riuscito, e in soli dieci giorni, il tempo di filmare, ogni giorno, quello che gli succedeva, montare le musiche, gli effetti speciali e registrare la voce narrante. Avanti così e regola numero uno: non modificare mai il lavoro fatto il giorno prima; regola numero due: spendere poco, sono bastati 350 euro e alla fine: “Quello che ne è venuto fuori è una roba molto strana, che a me fa ridere e che mi ricorda pure “La mia vita disegnata male“, ma in cinema. Che mi è costato 350 euro e dieci giorni di lavoro più tre di tentativi di migliorare l’audio alla fine. Perché l’audio è veramente una bestiaccia. Questa cosa, alla fine, mi ha fatto smettere di fumare. Ora sono passati tanti giorni: non ci penso quasi più. Alle sigarette, dico. Non ci penso quasi più. E’ rimasto questo filmino. Dura un’ora e un quarto. Si intitola Smettere di fumare fumando.

Gianni Pacinotti, in arte Gipi, fumettista, regista, pisano, scherza sul suo blog, ma non troppo. La sua opera prima, l’anno scorso a Venezia, fu accolta da 15 minuti di applausi, era L’ultimo terrestre e tornò a casa col “Premio Fondazione Mimmo Rotella” . Ma non bastò per smettere di fumare.

Smettere di fumare fumando arriva al TFF con la buona notizia. Diario di bordo di un viaggio dal caos all’ordine, dalla dipendenza al controllo, esplorazione di territori alieni in cui poter dimenticare… “… pacchetti di Camel Blu raggomitolati nel posacenere … cinque euro di carta per la macchinetta… la tessera sanitaria, i cinque euro nella fessura pigra e poi… in ginocchio a sentire il rumore del pacchetto che finiva nel cassetto del distributore. La mano quasi morsa nella bocca della verità.Poi  rialzarsi con le ginocchia a sussurrarmi storie di vecchiaia incombente, strappare il filo sottile trasparente oro e sigaretta…”

Guardare sè stesso in vitro, l’occhio della videocamera  che scruta senza pietà l’io in rivolta contro le proprie debolezze, i passaggi dal delirio da astinenza al catatonico ripiegamento su sè stesso in abulica assenza dal mondo. E poi la vittoria, epica, l’eroe afferrato dalle nere Erinni, la sua tragica lotta, la mdp impugnata a mò di Durlindana. Non è facile, ma quel che conta, per riuscire, è la motivazione. Quella giusta, quella che spacca. Niente a che fare con le campagne a cura del Ministero della Salute sulle conseguenze nefaste del fumo, nessun pensiero sul fumo passivo a scuotere il suo senso civico, né scritte sul pacchetto a terrorizzarlo peggio dei noti avvisi “non aprite quella porta” o “per me si va nella città dolente”. No, Gipi aveva bisogno di una storia, per fare un film: “Volevo una storia ma mi trovavo con il cervello impigrito, digiuno di sacrifici necessari per l’ispirazione.Allora ne ho inventato uno. Ho detto: ideona! Smetto di fumare e filmo tutto quello che succede nel farlo!Immaginavo che sarei impazzito, avrei dato in escandescenze, perduto il controllo e, con una microcamera, avrei filmato questo disastro, che immaginavo buffo, e ne avrei fatto una storia per immagini.”

Gipi non è impazzito, almeno così, a prima vista, pare, ha filmato un disastro, il suo, ce l’ha raccontato con una magnifica capacità di mettersi davanti ad uno specchio e dire: Non ci penso quasi più. Alle sigarette, dico. Non ci penso quasi più.

E’ quel “quasi”, però, che preoccupa.

Videoperformance solitaria con deriva situazionista? No, Gipi non vuol modificare oggetti estetici, men che meno far diventare la sua lotta alla dipendenza da tabacco una critica rivoluzionaria al sistema, e neppure sembra il grido di dolore dell’uomo reso schiavo compiacente e collaborativo dalle multinazionali del tabacco. Gipi non è neanche un disoccupato in crisi, un camorrista in crisi, un operaio in crisi, un prete in crisi (secondo la nota classifica dei film che prendono premi fatta da Angelo Pannofino) e pertanto può solo fare film a basso budget. Eppure questo strano filmino lascia tracce, stralunato e inclassificabile com’è. Guai, infatti, a dargli un’etichetta, si rischia di esser chiusi nel suo bagno e fatti a pezzi come i due critici dalla voce strascicata e dalla citazione pronta. Alle derive “lynciane”  che il critico numero due acutamente individua, lui risponderà che, in realtà, ha pensato a Bud Spencer e ai suoi ippopotami, mentre il primo, sempre chiuso in bagno, gli fa un discorso pieno di parentesi per compiangere quei “disturbanti rimandi ad una specie di pornografia, ma non quella vera, quella da Grande Fratello, indubbiamente avvertibili nella …” e bla…bla…bla…

Lo spettatore disarmato, invece, resta a guardare divertito il fantasmagorico susseguirsi di fenomeni da dipendenza e astinenza, un giorno dopo l’altro, fino a dieci, e l’orsetto luminoso IKEA che diventa un dio bisognoso di sacrifici umani, il display stradale alle porte di Pisa che si mette a lampeggiare cose strane sui suoi incubi sessuali e la mammina ottantenne e compiacente che gli chiede: “Ma perché vuoi smettere di fumare? se ti piace!” .

E’ una girandola pazza e colorata di vita reale, ribaltamenti surreali, sprazzi di cinismo e ricordi d’infanzia al mare, fumetti animati e rifugi ansiosi in giocattoli telecomandati, una specie di flusso di coscienza con sprazzi di recherche du temps perdu casereccia, ripreso dalla piccola mdp che crea quadri anamorfici, è inseguita e come invasa da un sonoro assurdo, inquadra Gipi a un centimetro dal viso, riprende il retro delle sue micidiali orecchie a sventola, mentre la sua voce ci fa il bollettino giornaliero della situazione.
E intanto scorre la vita, con tutto quello che c’è dentro, tranne il fumo, finalmente, ma tanta, tanta intelligenza e voglia di ridere!

 

 

 

 

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