Terra di mezzo è l’opera prima di Matteo Garrone: un film composto da tre episodi separati, ma uniti da un tema comune: l’immigrazione. Una tematica molto cara a Garrone, che affronterà con maggiore respiro nella sua opera successiva, Ospiti, del 1998. Terra di mezzo contiente al suo interno il primo cortometraggio di Garrone, Silhouette, che vinse nel 1996 il Sacher d’oro, premio che gli permise di girare successivamente questo primo lungometraggio. Il film, seppur ancora spoglio nelle riprese quasi amatoriali, denuncia già l’interesse del regista per un mondo grottesco, conflittuale, irrisolto. E già si intravedono i prodromi di quella “pittoricità dell’immagine” che ne farà uno dei migliori registi italiani del panorama attuale.
Il primo episodio del film è, per l’appunto, Silhouette, nel quale viene descritta la vita di un gruppo di prostitute nigeriane in una periferia romana. Col procedere dei minuti veniamo a conoscenza delle relazioni, ormai abituali, che le prostitute hanno instaurato con gli abitanti del posto. Nonostante il clima decadente – evidenziato anche dall’ambientazione rurale, il clima di degrado della pellicola viene sovente “spezzato” da situazioni comiche e grottesche. Il secondo episodio, Euglen & Gerrtian, racconta la vita di un gruppo di giovani albanesi che, come le prostitute di Silhouette, sono in cerca di un lavoro (in nero) sul ciglio della strada. I giovani albanesi – o, per meglio dire, i più fortunati tra loro – ogni mattina vengono scelti per svolgere lavori occasionali, di bassa manovalanza, che nessuno sembra voler più fare. Chiude il film Self Service – forse l’episodio più debole, e l’unico prodotto interamente con l’aiuto della Sacher, triste storia di un egiziano, in Italia da più di vent’anni, che lavora la notte come benzinaio abusivo. Dopo tutti questi anni, l’uomo è ancora deriso e schernito dai clienti, nonostante i suoi numerosi tentativi di integrazione – è giunto anche a “storpiare” il proprio nome, da Amhed ad Amedeo per sentirsi “parte della comunità”.
Terra di mezzo ci mostra tre diversi esempi di integrazione fallita. Evitando moralismi e facili retoriche, Garrone getta il suo sguardo perplesso sulle contraddizioni della società italiana. Un paese dove la convivenza cammina a braccetto con la diffidenza; le buone intenzioni con l’ipocrisia. Un paese ancora retrogrado, che guarda al diverso con sospetto. La “terra di mezzo” del film è l’Italia, luogo di passaggio di culture differenti, meta e sogno per l’”altro”, fuggito dal suo paese natale per cercare maggiore fortuna in Italia – bellissime, tra l’altro, le scelte musicali in sintonia con i paesi d’origine dei vari protagonisti degli episodi. Ma la “terra di mezzo” è anche la “strada”, luogo di passaggio per eccellenza, crocevia di incontri (e di scontri). Il luogo prediletto da Garrone per raccontare queste sue storie: storie di vite che scorrono, senza lasciare un segno, in un non-luogo, in una terra di nessuno. Di “mezzo”, per l’appunto.