Il primo episodio del film è, per l’appunto, Silhouette, nel quale viene descritta la vita di un gruppo di prostitute nigeriane in una periferia romana. Col procedere dei minuti veniamo a conoscenza delle relazioni, ormai abituali, che le prostitute hanno instaurato con gli abitanti del posto. Nonostante il clima decadente – evidenziato anche dall’ambientazione rurale, il clima di degrado della pellicola viene sovente “spezzato” da situazioni comiche e grottesche. Il secondo episodio, Euglen & Gerrtian, racconta la vita di un gruppo di giovani albanesi che, come le prostitute di Silhouette, sono in cerca di un lavoro (in nero) sul ciglio della strada. I giovani albanesi – o, per meglio dire, i più fortunati tra loro – ogni mattina vengono scelti per svolgere lavori occasionali, di bassa manovalanza, che nessuno sembra voler più fare. Chiude il film Self Service – forse l’episodio più debole, e l’unico prodotto interamente con l’aiuto della Sacher, triste storia di un egiziano, in Italia da più di vent’anni, che lavora la notte come benzinaio abusivo. Dopo tutti questi anni, l’uomo è ancora deriso e schernito dai clienti, nonostante i suoi numerosi tentativi di integrazione – è giunto anche a “storpiare” il proprio nome, da Amhed ad Amedeo per sentirsi “parte della comunità”.
Terra di mezzo ci mostra tre diversi esempi di integrazione fallita. Evitando moralismi e facili retoriche, Garrone getta il suo sguardo perplesso sulle contraddizioni della società italiana. Un paese dove la convivenza cammina a braccetto con la diffidenza; le buone intenzioni con l’ipocrisia. Un paese ancora retrogrado, che guarda al diverso con sospetto. La “terra di mezzo” del film è l’Italia, luogo di passaggio di culture differenti, meta e sogno per l’”altro”, fuggito dal suo paese natale per cercare maggiore fortuna in Italia – bellissime, tra l’altro, le scelte musicali in sintonia con i paesi d’origine dei vari protagonisti degli episodi. Ma la “terra di mezzo” è anche la “strada”, luogo di passaggio per eccellenza, crocevia di incontri (e di scontri). Il luogo prediletto da Garrone per raccontare queste sue storie: storie di vite che scorrono, senza lasciare un segno, in un non-luogo, in una terra di nessuno. Di “mezzo”, per l’appunto.