La passionalità viscerale che struttura il film si esemplifica attraverso la sensualità (e la sessualità) dei corpi, sempre valorizzati dallo sguardo attento della regista Lucy Mulloy. In una condizione sociale come quella cubana, che non permette alcuna speranza di progresso di tipo economico e lavorativo, l’unico “luogo” che rimane ai protagonisti di Una noche per affermarsi è proprio il loro corpo. I corpi dei protagonisti sono atletici, prestanti, “vivi”, attraversati dal desiderio. Ma il corpo è anche uno strumento di difesa – il Taekwondo praticato da Lina – e di fuga – Raul che scappa ossessivamente dalla polizia cubana. Nel film, infatti, viene sottolineato il divario che separa una popolazione ridotta in condizioni economiche disastrose e legata al mondo arcaico della magia rispetto alla realtà idilliaca dei turisti che visitano Cuba: un divario, che è anche una linea di confine insormontabile per i protagonisti, un tabù rappresentato proprio da Miami, sorta di “sogno americano” per i tre ragazzi.
Dopo una prima parte di stampo quasi etnografico, Una noche vira decisamente registro quando i tre ragazzi partono sulla zattera per raggiungere la Florida. Il film, infatti, assume toni quasi metafisici, circoscrivendo un microcosmo in cui i tre protagonisti si confrontano apertamente, e che si rivela necessario per effettuare un approfondimento notevole delle psicologie dei personaggi.
La “notte” del titolo combacia con la morte di Elio, in una delle sequenze più intense e brutali del film. Ma la cura formale non si limita a questo episodio: interessante è anche l’uso della voce off di Lina, che spesso interpreta anche i pensieri dei protagonisti maschili – dice lei stessa che «è come se leggesse nella loro mente». E il montaggio serrato, che moltiplica i punti di vista, dinamizza il film, rendendolo un’esperienza unica e coinvolgente. Così come notevoli sono i tre protagonisti, interpretati da giovani attori che si sono calati, con naturalezza e passione, in questi tre indimenticabili personaggi.