martedì, Novembre 5, 2024

Air Doll di Kore-eda Hirokazu (Giappone, 2009)

Il cinema di Koreeda Hirokazu procede verso una mutazione simile e opposta a quella di un altro importante regista giapponese, Shinji Aoyama; se si esclude Decadent Sisters, il progetto a cui Aoyama sta lavorando in questi mesi e che probabilmente metterà insieme le propensioni “monumentali” della sua filmografia a partire da Eureka con le derive minimali e intime delle ultime produzioni, la riduzione di una visione panoramica in un contesto dove la realtà rivela uno sguardo magico oltre il visibile (Sad Vacation) è molto simile al progressivo avvicinamento di Koreeda ad una forma più popolare e commerciabile almeno da Hana in poi, ricchissima visione centrifuga sull’iconografia Giapponese.

Persino Still Walking, l’episodio apparentemente più fedele  alle radici di Koreeda, sovrappone Ozu e le deambulazioni Narusiane alla confezione del dramma familiare più recente. Air Doll, l’ultimo film del regista Giapponese, si ispira in modo libero e creativo ad una graphic novel di un autore molto noto in Giappone, Kuuki Ningyou di Gouda Yoshiie, lo stesso che con Jigyaku no Uta ha dato vita all’ipervisualità funambolica e oscura di un film come Happily Ever after, diretto nel 2007 da Yukihiko Tsutsumi. Approfondire le influenze assorbite da Gouda nel crocevia della cultura popolare del Giappone contemporaneo sarebbe impresa non facile, sarà sufficiente accennare come nel contesto della forma comic strip, in quella della graphic novel e all’interno dei contenitori del genere romantico e dei Seinen Manga, ci si trovi di fronte ad esempi che si servono di una mitologia popolarissima per aprire la porta a interessanti forme di riflessione fenomenologica.

 

 

Kuuki Ningyou è del 2000, e Gouda riprenderà in mano un tema simile nel 2008, ovvero quello di un occhio artificiale e senza vita che osserva il mondo partendo da un grado zero della percezione con Shin Jigyaku no Uta – Robot Koyuki, storia di un Robot “femmina” incapace negli homeworks quotidiani e che comincia a sviluppare sentimenti più complessi e vicini a quelli degli esseri viventi. Un tema “antico” non solo per il Giappone e che in un certo senso ri-afferma la nota diffusione e influenza di Pinocchio nella cultura nazionale a vari livelli; da quella più popolare alle revisioni più underground. Ci si è già attardato Ian Buruma in una ricca ricognizione di questi transiti tra Oriente e Occidente nella sua raccolta di saggi che citano, nel contesto più specifico degli esseri inanimati che prendono vita, il Tanizaki di Naomi (1924) e altre variazioni; a noi vengono in mente forme meno “nobili” come lo sguardo meravigliosamente amorale di Osamu Tezuka  incarnato nella genesi di Pinoko, il guscio umanoide di una bimba che ospita un essere di diciotto anni cresciuto come un tumore nel corpo del proprio gemello; se ci si pensa, tutto il percorso di Black Jack esplorava in modo radicale gli innesti dolorosi tra organico e inorganico prima ancora che Tsukamoto prendesse in mano la macchina da presa, e in Air Doll la perturbante relazione tra il corpo artificiale della bambola e la solitudine del suo creatore è ripercorsa con quella stessa attenzione realistica alla solitudine che Tezuka riserva agli esseri animati dalle sue storie, in questo senso l’incontro tra Nozumi e Odagiri Joe, il fabbricante di bambole, racchiude tutta la crudele visionarietà di Koreeda che non cede mai il passo a scorciatoie oniriche di bassa levatura pop.

 

Air Doll, soprattutto nella versione di Koreeda, ha un elemento in più che è la semplice riduzione di questa mutazione di cui parlavamo alla desolazione post-pop dello spazio urbano e degli oggetti del consumo di massa che lo abitano, un tessuto che non manca quasi mai nel cinema del regista Giapponese, e che in un certo senso avvicina il suo ultimo film alla desolazione crudele di Nobody Knows, l’opera internazionalmente più nota di Koreeda. Nozomi, interpretata dall’attrice coreana Doona Bae qui in assoluto stato di grazia, è una bambola gonfiabile, vive docilmente il suo stato per soddisfare le voglie di un uomo solo, fino a quando non comincerà a sviluppare un soffio vitale vero e proprio che la porterà a fare esperienza del mondo nella sua ambivalenza. Una materia interessantissima per Koreeda, da sempre attratto dalla profondità del quadro, non solo semplicemente “tematico”, ma fortemente visionario, tanto che il suo cinema è capace di transitare in modo impercettibile tra il centro e i margini dell’immagine con un talento straordinario per il contrasto rivelato attraverso l’apparentemente inerte.

I segni nel cinema di Koreeda dischiudono sempre commozione e crudeltà, magia e oscurità, il sogno e la libertà di una visione in transito nella pietra dura della realtà. Ogni inquadratura di Air Doll stratifica vita e morte con uno sguardo capace di rovesciare realismo e fiaba al loro stesso interno; c’è davvero un legame Felliniano tra Air Doll e Sad Vacation, probabilmente l’ultimo Fellini, il più odiato e probabilmente il più amato da chi scrive, ed è un tratto presente e agito con la leggerezza di un pneuma in quell’intrusione ruvida e artificiosa del digitale. Bolle d’aria colorata nel film di Shinji, residui di un seme pneuma-tico in quello di Koreeda; in entrambi i casi una sovrimpressione fantasmatica, un’illusione superficiale che collide con una “barren reality” oscena e a tratti intollerabile per il dolore che è capace di rivelare tra le cose.

Tutto l’erotismo di Air Doll è allora violento come un soffio e anti-erotico come l’atto di ripulire dallo sperma una vagina artificiale; due forme che risiedono in quel confine tra vita e morte capace di sovvertire la visione di confine di Oshima o di una linea che arriva sino ad opere di diffusione popolare come il programmaticamente maledetto Hebi ni piasu. Koreeda scarta con forza la tentazione allegorica pur servendosi di segni e oggetti apparentemente astratti; l’atto del soffio, il Blowing erotico, diventa nutrimento e svuotamento, vita e morte,  con un occhio duramente incarnato nel reale che da anni non riesce troppo bene a un cineasta come Von Trier, cosi assorbito dalla potenza esuberante ed esibizionista del significato. Koreeda rimane sugli oggetti anche quando questi assumono una forma pericolosamente simbolica come quella suggerita dallo script di Gouda e li svuota e riempie d’aria, continuamente. La città marginale, la distanza dal Giappone contemporaneo, in tutte le forme indagate da uno dei più grandi registi contemporanei, diventa sguardo politico, un confine tra la vita e la morte nello spazio complesso e onesto di una sola inquadratura.

Air Doll è recentemente uscito in formato DVD per il mercato Giapponese, in un’edizione fortunatamente corredata di sottotitoli Inglesi. E’ disponibile per la vendita attraverso un sito accreditato come Cd Japan. Se Air Doll è apparentemente il film più fruibile di Koreeda, la confezione di un’opera dalle potenzialità popolari accattivanti è al servizio di una delle sue realizzazioni più riuscite, in un equilibrio magico tra popolarità e spessore filosofico. Dovrebbero essere requisiti sufficienti per una distribuzione efficace anche nel nostro disastrato paese dell’opera di un cineasta virtualmente sconosciuto in Italia, e accolto con la solita attenzione e il consueto rigore dalla critica Europea.

Air Doll edizione standard
Air Doll edizione limitata (include il making-of, un booklet di 8 pagine e un libro fotografico di 16)

 

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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