domenica, Dicembre 22, 2024

Asian Film Festival 2010 – Night And Fog di Ann Hui (Hong Kong, 2009)

Ann Hui torna a filmare l’area di Tin Shui Wai dopo The Way We Are; un dittico annunciato già da tempo dalla regista Hongkonghese che, a dispetto di chi considera il suo cinema come una manifestazione di eclettismo fuori misura, conferma al contrario una consapevolezza portata avanti per più di vent’anni sul limite fittizio, o se preferite, ridicolo, che separa la realtà dalla finzione dei generi nel cinema. Una posizione non da poco nella storia del cinema di Hong Kong che la Hui ha attraversato con ibridazioni rischiosissime mettendo in gioco un punto di osservazione critico anche all’interno di quella New Wave di cui ha fatto parte per anni, risucchiando quasi sempre l’ipertrofia dei generi nello scacco matto della vita, rendendo molto spesso flagrante e volutamente irrisolto questo sdoppiamento. Night And Fog oltre ad essere la versione oscura di The Way We Are non solo nel modo in cui viene osservato il tessuto urbano, ma anche nella complessa trama di relazioni famigliari che moltiplica il punto di vista dei personaggi principali, è il tentativo di spingere in uno spazio di convergenza “perverso” questa doppiezza dell’immagine cinematografica. Tra i film della Hui, Goddess of Mercy (2003) era quello che più di altri disinnescava l’esuberanza di un genere dato nella vicinanza ai corpi, ai dettagli, alla vita, prossimità che ri-esplode nuovamente negli ultimi due lavori della regista Hongkonghese, con una forza dirompente che diventa comprensibile solamente se si guardano i due film l’uno vicino all’altro, l’uno come il gemello siamese dell’altro. Night and Fog in questo senso è il testo che li contiene entrambi, perchè rispetto a The Way We Are, sovrappone una drammatizzazione apparentemente più ricca su quell’illusione ipnotica del tempo quotidiano, travestendo continuamente la realtà con la finzione o trasformando la postura in realtà. Lee Sum è sposato con Ling ed è padre delle due figlie avute con lei. La progressiva e immotivata gelosia di Lee Sum, costringe Ling e le figlie a rivolgersi ai servizi sociali, dove Ling troverà conforto in una donna che imparerà a volerle bene. Il sistema sociale Hongkonghese fallisce, e dopo una serie di tentativi Lee Sum massacra l’intera famiglia e si toglie la vita. Nessun tipo di spoiler, Night And Fog stressa continuamente i tempi e i registri, spostando il climax del racconto o congelandolo brutalmente, tanto che siamo a conoscenza fin dall’inizio dell’orribile massacro; un piccolo dato che dovrebbe farci capire chiaramente dove risiede la capacità di una grande regista come Ann Hui nella messa in scena di una rappresentazione dentro l’altra, un dispositivo che scava molto più a fondo dei flashbacks nidificati che costiuiscono una parte dello scheletro del film. Sono i personaggi laterali, quelli ai margini, le soggettive che provengono da uno sguardo periferico, la solitudine di alcune figure, le immagini di sospensione del tempo viste dopo il massacro che rimettono in discussione continuamente quello che stiamo guardando, basta pensare allo sguardo multiplo sulla violenza di Lee Sum (la moglie, la vicina di casa, i servizi sociali, la polizia) e alla controversa sequenza della mattanza, uno straordinario momento di cinema che ha già scandalizzato quella fetta di critica benpensante, in grado di dirci cosa avrebbe dovuto inquadrare la Hui e cosa avrebbe al contrario dovuto lasciar fuori campo per non eccedere nel cattivo gusto; in quello slow motion estremo, quasi posturale, che prima confonde un abbraccio con una violenza sessuale, e poi  mette sullo sfondo l’immagine terribile di una bimba con le mani sugli occhi, non c’è semplicemente quella capacità di contrarre e dilatare il tempo da parte di uno degli autori fondamentali del cinema Hongkonghese, ma emerge nuovamente quest’immagine sdoppiata dalla profondità quasi tridimensionale, occhio puntato sulla violenze e sul cinema per come lo leggiamo oggi; quella stessa compenetrazione “improbabile” tra realtà e finzione, che attraversa le slabbrature degli ultimi documentari di Abel Ferrara (Napoli,  Napoli, primo fra tutti), immagini già minate dall’interno.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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