Il cinema tedesco e turco tendenzialmente racconta storie drammatiche. Secondo lei il successo del suo film è dovuto al fatto che tratta temi sicuramente importanti e degni di attenzione ma in chiave ironica?
Sicuramente e ne ho avuto conferma dai feedback ricevuti da molti spettatori al termine delle proiezioni. Il successo del film è dovuto al fatto che i turchi si sono visti rappresentati finalmente come persone normali, né vittime né carnefici, mentre i tedeschi hanno visto per la prima volta la loro cultura filtrata attraverso gli occhi degli immigrati. Negli anni ottanta uscì un film molto drammatico (Yasemin) in cui un padre turco trattava sua figlia in modo repressivo e molti pensavano che anche io e mia sorella subissimo dal nostro lo stesso trattamento e non importava che noi negassimo dicendo che lui era molto tollerante, la gente non ci credeva. Purtroppo ancora oggi alcune persone vogliono ancora pensare che i milioni di Turchi che vivono in Germania siano tutti uguali, con famiglie conservatrici pronte a punire la figlia innamorata del ragazzo sbagliato. E’ anche per questo motivo che volevamo girare una commedia che raccontasse la storia di persone normali come quelle in cui siamo cresciute. Tempo fa io e Nesrin abbiamo iniziato a notare che molte persone trovavano divertenti i racconti della nostra infanzia, racconti di due bambine di origine turca nate a Dortmund: basti pensare che lei frequentava la scuola cattolica, passando tutti i mercoledi a cantare inni in Chiesa, mentre io suonavo il flauto in una banda. E c’è ancora chi crede che noi turchi non ci siamo dati da fare per integrarci! In ogni caso quello dell’integrazione è un tema fondamentale oggi e il nostro film affronta delle domande chiave: perché siamo qui, come tutto è cominciato e cosa significa essere “stranieri”; in tal senso è emblematica la frase a suggello del film : “Noi siamo ciò che non sarebbe mai accaduto se non fossimo mai esistiti”.
Ci racconti della collaborazione con sua sorella alla stesura del film.
Scrivere la sceneggiatura di questo film è stato un lungo e difficile processo e se non l’avessimo affrontato insieme ci saremmo arrese. Grazie a questa esperienza siamo diventate un buon team, anche lavorando separatamente su diverse scene (anche per ragioni logistiche poiché io vivo a Berlino e lei ad Amburgo). Generalmente sappiamo entrambe quali sono gli elementi fondamentali che una determinata scena deve contenere e vediamo come ciascuna delle due la sviluppa, poi ce la inviamo, ci confrontiamo, c’è uno scambio molto produttivo. Cerchiamo in tal modo di giungere ad una versione, quella definitiva che vada a soddisfarre le nostre aspettative e a comunicare il messaggio che desideriamo. In questo caso abbiamo dovuto stendere diverse versioni del copione, proprio perché – come dicevamo prima – in Germania c’è una tradizione di film a tematica “turca” essenzialmente drammatica e le compagnie di distribuzione erano spaventate dal fatto che la nostra fosse invece una commedia! E’ stato entusiasmante inoltre poter inserire nel film molti aneddoti della nostra infanzia,ad esempio il nostro ardente desiderio del natale. Per noi era una tortura vedere i nostri amici tedeschi mostrare orgogliosamente i loro regali e raccontarci le tradizioni natalizie, con l’albero,tutto quel buon cibo, etc. Una volta abbiamo costretto nostra madre a organizzare una festa di Natale, ma il risultato è stato un flop totale!
Quali sono i suoi registi di riferimento?
Sono una grande fan dei classici, da Lubitsch a Chaplin. Adoro Woody Allen, soprattutto quello degli inizi. Senza trascurare Bergman che può essere stato per me una fonte di ispirazione indiretta. E’ difficile tuttavia dire se c’è qualcuno che mi abbia influenzato e perché.
Nel film vediamo una famiglia turca con i propri valori e le proprie tradizioni trapiantata in Germania. Ci parli delle famiglie del suo paese d’origine, delle loro tradizioni.
Sicuramente la cultura turca reputa la famiglia un elemento portante della società, la famiglia turca è per antonomasia molto unita e numerosa, ma credo che questo sia un aspetto che la Turchia condivide con tantissime altre culture. Al contempo penso che anche in Turchia oggi stiamo assistendo ad un fenomeno che si verifica un po’ ovunque, una disgregazione della famiglia.. per esempio non è più usuale, abituale che la famiglia turca viva nello stessa casa o nello stesso palazzo; dunque è una struttura familiare che sta diventando molto più labile. Se tuttavia raffrontiamo la famiglia tedesca e quella turca sicuramente quest’ultima è ancora un po’ più unita ma credo che tra cinquant’anni anni le famiglie turche si troveranno ad affrontare le stesse problematiche che quelle tedesche vivono oggi.
Secondo lei il multiculturalismo è finito?
Oggi in Germania è in corso un intenso dibattito su come risolvere la questione dell’integrazione. Si svolgono discussioni infuocate sui lampanti deficit culturali dei Gastarbeiters (lavoratori ospiti), sui loro presunti comportamenti antisociali che sfociano nella violenza o in fenomeni come i delitti d’onore. A volte il multiculturalismo sembra essere finito ma quello che troviamo nei titoli dei giornali è solo quello che non funziona. Almanya – La mia famiglia va in Germania ci ricorda che questi lavoratori stranieri erano stati invitati dal governo tedesco e che hanno dato un enorme contributo alla stabilità economica del paese. Avevano il diritto di restare e i loro figli e nipoti sono cittadini tedeschi a tutti gli effetti. Questo è quanto dice il nostro film: siamo qui e per noi è giusto così.