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Amici Miei come tutto ebbe inizio di Neri Parenti; la conferenza stampa

Duccio, Cecco, Jacopo, Manfredo e Filippo sono 5 amici che, in una Firenze quattrocentesca nella quale imperversano i duri moniti di Savonarola insieme alla minaccia della peste, vivono la loro vita cercando di escogitare ogni giorno una nuova burla per prendersi gioco di qualche malcapitato. Nella loro irrefrenabile voglia di divertimento non si risparmiamo neanche l’un l’altro e quindi ecco Manfredo (Massimo Ghini) sollazzarsi con la moglie di Filippo (Cristian De Sica) e Duccio (Michele Placido) e Cecco (Giorgio Panariello) che per farsi beffe di Manfredo, mandano il suo figliolo maggiore, avvenente e perditempo, ad imparare il “mestiere” alla bottega di Jacopo (Paolo Hendel) cerusico col vizietto della sodomia. Ma la beffa più grande sarà ordita, con la complicità di Lorenzo il Magnifico (Alessandro Benvenuti) ai danni del povero Cecco, che finirà per pagare un conto davvero troppo salato, fatto che non toglierà però ai 4 furfanti la voglia di continuare a prendersi gioco di tutto e di tutti.

Parata di stelle al cinema Odeon per la proiezione e la conferenza stampa del film Amici Miei come tutto ebbe inizio: presenti Michele Placido, Cristian De Sica, Massimo Ghini, Barbara Enrichi insieme al regista Neri Parenti e ai produttori Luigi e Aurelio De Laurentiis, e, veri mattatori della giornata, Massimo Ceccherini e Paolo Hendel.

Comincia proprio Ceccherini, in grande forma, a rompere il ghiaccio in un’atmosfera un po’ tesa e formale creatasi a causa delle polemiche che da 2 anni imperversano in rete e sui social network che hanno preceduto l’uscita del film e che ne vorrebbero fare «il più grande flop del cinema italiano» proponendo una diserzione per tutti gli amanti dei precedenti film diretti da Mario Monicelli e Nanni Loy: «Io qui sono a casa mia» dichiara il comico prendendo subito il microfono e presentandosi come Ruby da Scandicci. La parola passa poi a Neri Parenti che premette: «Il film è soprattutto un atto d’amore e noi ci siamo avvicinati con rispetto, cercando di diversificare i caratteri dei personaggi e spostando la storia nel tempo.»

Ecco cosa ha risposto il cast alle domande dei giornalisti fiorentini:

Non trova che la parte più riuscita del film è probabilmente la seconda, nella quale i protagonisti riescono a farsi beffe persino della morte?

Neri Parenti: Non saprei dirlo con esattezza, ma è sicuramente una tematica questa che ricorre anche nei film precedenti. È un po’ come se all’interno della trama ci fossero due strade narrative diverse: la prima che riguarda l’allegria e lo scherzo e la seconda dove la vicenda si fa più amara e, in questo caso, nel quale una beffa finisce male.

(Gianni Caverni dell’Unità): Da fiorentino non posso non fare una battuta: Il vostro film a quello di Monicelli “gli fa una bella sega”!

Paolo Hendel: Mi sento di dire che, volendo essere questo nostro film un omaggio a quelli di Monicelli, siamo ben felici di “avergli fatto una bella sega”!

In questo film molti degli scherzi i protagonisti se li fanno l‘uno con l’altro, era un elemento presente anche nella sceneggiatura originale?

Neri Parenti: Il soggetto è stato scritto diversi anni fa e io mi sono trovato coinvolto nella sua stesura quando essa era già avviata. I 2 elementi che facevano parte del progetto originale erano anche le maggiori novità: spostare la vicenda nel tempo e rendere le beffe le vere protagoniste. Mi sono attenuto quindi a queste intenzioni.

Lei è stato testimone della genesi del soggetto?

Neri Parenti: Lavoravo con Piero De Bernardi e Leo Benvenuti a un Fantozzi e siccome sento molto forte la mia toscanità mi sono inserito volentieri in questo progetto.

Quale è stato l’approccio degli interpreti non toscani al film e al dialetto?

Christian De Sica: Il mio personaggio è un aristocratico e il suo linguaggio ha giusto uno spruzzo di dialetto toscano. Un aiuto particolare me lo ha dato sicuramente, insieme ai miei colleghi attori, il regista Marco Mattolini che è stato nostro coach per i dialoghi. A parte questo vivo gran parte dell’anno nella mia casa in Toscana, quindi partivo avvantaggiato.

Michele Placido: Ovviamente mi sono fatto aiutare, ma non credo che in questo caso un perfetto accento toscano fosse fondamentale. Penso alla lezione di Ugo Tognazzi, un cremonese che certamente non parlava un buon toscano, ma che proprio per questo era grandioso

Massimo Ghini: Io sono originario di San Casciano Val di Pesa e ho una casa a Firenze. Nella mia carriera mi è capitato spesso di recitare in una lingua che non era la mia ed ora mi misuro, di nuovo, col dialetto toscano. Ho ricordato l’imitazione che Alighiero Noschese faceva dei fiorentini, ma non vorrei dilungarmi troppo a parlare di questo perché c’è un bel panino col lampredotto che mi aspetta.

Come mai l’inserimento di un personaggio omosessuale?

Neri Parenti: Era previsto nel soggetto.

Questo film porta con se molte polemiche e voi avete comunque scelto di presentarlo a Firenze, nella fossa dei leoni? Vi spaventa l’incontro col pubblico di stasera?

Neri Parenti: Nel film, che esteticamente è molto curato (la fotografia è di Luciano Tovoli e la scenografia di Francesco Frigeri) abbiamo usato numerose location reali come Pistoia, Certaldo, San Gemignano e altre che sono state perfettamente ricostruite, penso che al pubblico non sfuggirà.

Aurelio De Laurentis: Non temiamo il pubblico. Amici Miei per noi è un film ispiratore e la nostra è una storia che va alle origini di questo grande successo e che non ha ne il potere ne il dovere di fare dei confronti. Film di questo genere non ce ne sono molti. Io ho abbracciato questa idea non con la volontà di realizzare un Amici Miei atto IV. Ricordo che , quando uscì il primo Amici Miei non fu affatto trattato bene dalla critica, mentre il secondo fu quasi elogiato per la sua ferocia.

Due anni fa ho restaurato Amici Miei atto I e l’ho poi presentato al Festival del cinema di Lione che è molto sofisticato ed è successa una strana cosa: il pubblico francese non si è accorto che Philippe Noiret e Bernard Blier erano doppiati, e hanno anzi apprezzato quella che credevano la loro abilità con la lingua italiana. Questa potenza di fascinazione che ha il cinema mi affascina da sempre.

Siamo a presentare questo film a Firenze perché è logico e rispettoso.

Come avete reagito alla pressione dei social network e in generale della rete?

Massimo Ceccherini: Io sono molto emozionato nel vedere qui De Laurentiis che mette l’anima e il cuore nel presentare questo film.

Luigi De Laurentiis: Noi ovviamente conosciamo il movimento di protesta, anche perché è da tempo che c’è e non ci ha condizionati in nessun modo anche perché è nato da parte di persone che il film non lo hanno visto. Direi che si parla di due diverse forme di amore nei confronti dei vecchi Amici Miei : la loro, che lo vuole difendere, e la nostra, che lo vuole onorare

Paolo Hendel: Dieci anni fa Piero De Bernardi mi fece leggere questa sceneggiatura e ci trovai lo spirito autentico di Amici Miei. Quando sono stato chiamato ad interpretare questo ruolo è stato davvero un piacere perché si è trattato anche di un coinvolgimento sentimentale per me.

Barbara Enrichi: Abbiamo messo tutti grande passione in questo film. Le donne in questa storia sono energiche e importanti, meno succubi che nel film di Monicelli. Neri ha avuto le idee molto chiare ed ha saputo tenere a bada tutti queste star.

Cosa pensate del documentato, presentato proprio il mese scorso, Amici Miei L’ultima zingarata che prende le mosse dal funerale del Perozzi?

Luigi De Laurentiis: È un ricordo coinvolgente e affettuoso e stasera avremo il piacere di incontrarne il produttore e il regista.

Luigi De Laurentiis ha poi presentato Fabrizio Borghini e Jacopo Nesti insieme autori del Libro Caro Amici Miei che hanno ringraziato il produttore per averli supportati e hanno spiegato che l’uscita del libro, commissionato nel 2010, in concomitanza con quella del film è casuale: «Facendo delle ricerche abbiamo scoperto chi erano i veri “amici miei” e cioè un gruppo diragazzi, ora tutti scomparsi, che gravitavano nell’ambiente della goliardia universitaria più o meno durante la seconda guerra mondiale; i loro figli ci hanno fornito foto e testimonianze. Avevo parlato a lungo con Mario Monicelli, che era contento di questo progetto e avremmo dovuto sentirci proprio il giorno in cui è scomparso» ha raccontato Borghini.

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