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Asian Film Festival 2010 – How Are You Dad? di Chang Tso-chi (Taiwan, 2009)

Quello di Chang Tso-chi è anche un cinema di fantasmi, non solo in forma narrativa (Darkness And Light, The Best of Times) ma soprattutto nel modo in cui il trattamento del tempo viene sottoposto a rotture, biforcazioni, apperenze del reale, multiple verità del racconto. Ci sono le tracce di una realtà infestata da spettri che da origine a fratture nello spazio, quasi che al cinema ancorato apparentemente a codici più “realisti” Chang Tso-chi aggiungesse un valore astratto e straordinario; forme di rivelazione che utilizzano il dettaglio, la connotazione documentaristica, la deriva di attori non professionisti, e li superano.

Una compenetrazione di elementi “fantastici” e “realisti” che per teorici come Feii Lu rappresentano le caratteristiche disgiuntive, incongrue, possibili della Taiwan moderna e post-coloniale, un elemento che dovrebbe farci riconsiderare sotto questa prospettiva il realismo rigoroso del nuovo cinema Taiwanese introdotto da registi come Hou Hsiao Hsien negli anni ’80.  Distizioni probabilmente tanto suggestive quanto schematiche che non tengono conto del senso di perdita, di astrazione dal reale, di vertigine sensoriale che il cinema di Hou Hsiao Hsien portava dentro di se sin dall’inizio. Anche How Are You Dad? è un film che mette in relazione il passaggio dalla vita alla morte attraverso piccoli dettagli, elementi materiali, superfici d’acqua; un’organizzazione dello spazio secondo traiettorie di attraversamento che connette dieci episodi senza un collegamento apparente se non quello dell’amore filiale e del rapporto tra padri e figli. C’è un vagabondare interno agli episodi, che si lega solo in forma allusiva fuori dai margini del singolo nucleo, tanto che la possibilità di trovare delle simmetrie o anche percorsi diacronici,  si manifesta in modo assolutamente errabondo attraverso l’attenzione ai frammenti e ai particolari minimi, che in alcuni episodi hanno una forza cognitiva penetrante e sono così persistenti da  “ritornare” o da erompere nell’illusione di un ritorno. Se dovessimo guardare per ricostruire, How are you dad? ci metterebbe a dura prova, costringendoci a seguire un percorso laterale molto vicino per certi versi alla manifestazione dello spirito nel cinema di Naomi Kawase.

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