lunedì, Dicembre 23, 2024

Berlinale 62 – Panorama Dokumente – König des Comics (King of comics) di Rosa von Praunheim (Germania, 2012)

Cosa succede se due araldi del movimento frocione incrociano le spade? C’è da aspettarsi faville oppure, come in questo caso, un balletto sospettoso, un girarsi attorno come pesi massimi indecisi sulla strategia del primo cazzotto. Ma andiamo per gradi. Rosa von Praunheim è una figura già nota su indie-eye (se n’è parlato qui  e qui ): in attività fin dagli anni Sessanta, all’inizio dei Settanta è diventato il portavoce filmico del nascente movimento schwul. Al contento ambasciatore, protagonista e critico della vita gay in Germania, in quarant’anni d’intensissima attività non ha perso né un briciolo di smalto, né la sua proverbiale vis caustica. Rosa non è certo un cultore dell’arte per l’arte e delle inquadrature ponderate (come il suo compianto ex fidanzo Werner Schroeter) bensì un olimpionico della domanda a bruciapelo, dell’indagine scomoda, delle affermazioni spiazzanti e si badi ben, sempre motivate. Questa è la sua ventiduesima partecipazione alla Berlinale – complice il clima estremamente LGBT della sezione Panorama diretta da Wieland Speck – e nonostante la sua presenza sia pressoché fissa ogni anno, Holger (in arte Rosa) riesce sempre a imbastire l’evento, a ideare il film da non perdere. Tirato via quanto volete, magari quel cicinin di troppo autoreferenziale – si sa, le leggende hanno un ego ingombrante – ma pur sempre un evento, in grado di punzecchiare l’attenzione e non deludere mai a screening concluso.

Anche Ralf König è una leggenda. Esattamente dieci anni dopo il film-rivelazione di Rosa (Nicht der Homosexuelle… bla bla bla, 1971), König ha cominciato la sua lunga carriera nel mondo dei fumetti, passando in pochi anni dal mercato marginale della semi-pornografia alla Rowohlt, casa editrice del celebre Der bewegte Mann (1987), tramutato in film qualche anno dopo grazie al fiuto del produttore Bernd Eichinger. Ha ragione von Praunheim nel ricorrere al giuoco del nomen omen: la fama di Ralf König va infatti ben oltre la “scena” gay crucca, e le sue salaci, irresistibili graphic novel senza peli sulla lingua – ma con molti peli nelle tavole – possono vantare un pubblico vasto e “trans”, nel senso che non bisogna condividere un certo orientamento sessuale per apprezzarli. Il fenomeno di re Ralf è interessante proprio per l’originalità autodidatta della sua arte e per la capacità di divertire schiere di lettori trasversali, mettendo bene in chiaro i capisaldi della cultura gay… In chiaro, sì, e alla berlina, armato di un’ironia urticante che si pappa il politicamente corretto nel giro di un bozzetto e un balloon. L’universo di König è un poderoso catalogo di (stereo)tipi e birignao, e vi trovano spazio tanto la promiscuità dionisiaca quanto il trauma dell’hiv, goldoni assassini (da cui il film del 1996 di Martin Walz) e riletture bibliche degne di Robert Crumb – autore molto vicino a König per estetica e sfrontatezza.

Ora, i presupposti per un documentario sulfureo c’erano tutti. Anzi, la domanda legittima era: come mai non prima? Perché si sono incontrati solo ora? La risposta, uscita dalla bocca larga di Rosa alla presentazione del film, è quanto di più semplice: Rosa von Praunheim non è un fan dei fumetti, nemmeno di quelli di Ralf. Il loro incontro, inevitabile nel contesto LGBT tedesco, ha generato questo documentario girato tra il 2010 e il 2011, uno dei tanti progetti portati avanti in parallelo dallo stacanovista Rosa, prossimo ai 70 anni e intenzionato a portare a compimento 70 film(etti) entro questo autunno, per meglio festeggiar.

Per quanto la sparata dei 70 film possa benissimo essere una boutade, resta il fatto che il modus operandi di von Praunheim è da sempre improntato alla rapidità, il che esclude quel clima di ponderazione che non guasta mai. Di buono, nel caso di König des Comics, c’è la volontà di concentrarsi su un solo soggetto. Gli ottanta minuti del film – girato in HDCAM – volano che è un piacere e il fil rouge è garantito dalla visita a domicilio di un fan svizzero del fumettista, la cui passione smodata colma il vuoto di preparazione del regista. Dal punto di vista biografico non emerge nulla di significativo, ma il documentario vale come una cavalcata nell’arte di König e nel movimento LGBT tedesco dagli anni Ottanta in poi, arrivando alla manifestazione anti-papale del settembre 2011 a Berlino, dove vediamo per la prima volta Ralf e Rosa insieme, in strada, intenti a combattere una battaglia comune. L’impressione generale del film resta tuttavia quella di due galli nel pollaio, e questo documentario non basterà ad alzare il livello delle produzioni audiovisive finora tratte da, o ispirate a, re König e il suo mondo di nasoni e piselloni. Tra le chicche genuine citiamo almeno il primo incontro, a distanza, tra Rosa e Ralf. Il giovane Ralf, nato e cresciuto in campagna, un bel giorno acquistò una delle rutilanti provocazioni editoriali di Rosa, Sex und Karriere (1978). Suo padre scovò il libro e furono cazzi, ma lui reagì con dignità, disinvoltura e orgoglio. La santissima trinità che accomuna Rosa e Ralf.

Simone Aglan-Buttazzi
Simone Aglan-Buttazzi
Simone Aglan-Buttazzi è nato a Bologna nel 1976. Vive in Germania. Dal 2002 lavora in campo editoriale come traduttore (dal tedesco e dall'inglese). Studia polonistica alla Humboldt. Ha un blog intitolato Orecchie trovate nei prati

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