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Ca’ Foscari short film festival 2011, seconda giornata

Seconda Giornata per il Ca’ Foscari short film festival 2011; si comincia con il singolare corto di Alfian Ahmad, Bandh: una love story  tra motociclo e proprietario narrata dalla prospettiva del primo. Animismo in salsa moderna, atmosfere sognanti – una ninna nanna in soundtrack – e molto calore nella descrizione dei crucci sentimentali di questa insolita amante “meccanica”. L’humor surreale non fa difetto a questa bella prova di Ahmad. Altro contesto invece per il proiezionista (Di Viesto). Il tram, l’autista e i viaggiatori come metafora di sala cinematografica, proiezionista e spettatori. Un cappello lasciato sopra un sedile fa da medium alle memorie  cinefile dei passeggeri, da un bambino che vede riflessa sul vetro una scena de la città incantata di Miyazaki, ad un ragazzo intrappolato nel celebre dilemma matrixiano di pillola azzurra/pillola rossa. Sembra che l’ispirazione provenga dall’ultima scena di nuovo cinema paradiso, anche se dalla scelta della location traspare la volontà di parlare del ruolo del cinema nella routine giornaliera delle persone.

Inizio shock per Stories del giovane regista singaporiano James Ho, con l’esecuzione di un uomo da parte di una gang. Si tratta del padre del piccolo protagonista, un bambino vessato dai compagni di scuola, totalmente immerso nel mondo immaginario edificato dal nonno. C’è molta carne al fuoco: elogio della  menzogna, riflessione sulle strategie difensive della mente umana e contaminazione fra i generi. Un progetto molto ambizioso che spesso sfugge di mano al regista, ma che comunque ne rivela l’indubbio talento e le notevoli potenzialità soprattutto per quanto riguarda certi segmenti visionari dal forte impatto estetico. Per questo, ci aspettiamo grandi cose in futuro da James Ho. Yanji, di Sangbum Heo è un viaggio alla scoperta delle  radici. L’incontro di una donna cino-coreana con la quale condivide le origini, è per il regista un’occasione per parlare della particolarissima storia della città da cui provengono i suoi avi, Yanji,  una regione situata  tra Corea del Nord, Cina e Russia. Un  documentario sui volti e i luoghi soggiogati dall’usura del tempo che scorre implacabile, ai quali si contrappongono le testimonianze dei protagonisti. Interessante il lavoro svolto sulle modalità percettive dell’immagine. In coda: Berlin, di Noemi Schneider e Christiane Schmidt. Un altro documentario ma questa volta lisergico, che utilizza elementi dell’estetica del cineamatore – nel senso nobile del termine -,  una fotografia sgranata ed un magma sonoro allucinato, con l’intento di rappresentare una Belino vista da uno sguardo “altro”. Qualche sforbiciata in più al montaggio finale forse avrebbero giovato maggiormente, nonostante il film si proponga come un flusso visivo entro il quale abbandonarsi lentamente. Ad ogni modo un’opera coerente e riuscita che molto probabilmente non tornerà a casa a mani vuote.

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