Il concorso di corti, made in Ca’ Foscari, aperto alle scuole di cinema di tutto il mondo giunge alla seconda edizione, confermando le buone premesse dell’anno scorso e migliorandone vari aspetti.
Quest’anno, molti più partecipanti concorrono nella sezione Scuole Superiori del Veneto: il vincitore uscente della scorsa edizione Marco Augelli (I.T.I.S. “Alessandro Rossi”, Vicenza) con Sognando scuola; la classe IV AIAG (Arti grafiche, Treviso) con Italia 150°; Gianmarco Fabris (Istituto Salesiano San Marco, Mestre) con A Comprehensive Retrospective; Giuseppe Pellegrinotti Mari (Liceo Scientifico Statale G.B. Benedetti, Venezia) con Nemici, liberamente tratto dal racconto Un sorriso della studentessa Elisa Ferrario.
Si tratta di corti che affrontano svariati argomenti: dai vantaggi che la tecnologia potrebbe fornire alla scuola (Sognando scuola) all’annosa questione sull’unità, sempre più problematica, del nostro paese (Italia 150°); dal bullismo, razzismo e uso di sostanze stupefacenti (A Comprehensive Retrospective) fino ai conflitti fra culture, indotti e alimentati dal potere (Nemici). In quasi tutti i casi la competenza tecnica è di buon livello; si percepisce l’occhio cinefilo degli studenti, anche se spesso si avverte il peso della retorica tipica del film a tesi.
Protagonisti del workshop Oltre il muro sono i detenuti del centro minorile di Treviso, già presenti nella prima edizione del festival con l’emozionante Inediti Legami. A dirigerli sono i professori di lettere Roberto Franzin e Nicola Mattarollo. Una partecipazione che segnala, nell’anno del trionfo berlinese dei Taviani con Cesare deve morire, il crescente interesse che si sta sviluppando intorno a quel che accade fra le mura delle carceri. L’opera intreccia vari linguaggi, dall’autoconfessione al musical (con un occhio ai rap di Tutta colpa di Giuda di Ferrario), descrivendo il faticoso impegno dei detenuti per la progettualità del proprio avvenire, in vista del futuro rientro in società. Timori di non riuscire a superare il proprio senso di colpa, nostalgie di libertà e il disperato bisogno di ritrovare una nuova verginità morale vanno a comporre un lavoro senza dubbio seducente, che lascia il segno.
Il primo corto che apre la rassegna del concorso internazionale è Amore Necessario di Alessandro Tamburini, diplomato del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma: un ritratto spensierato (in forma docu-fiction) di una coppia di anziani della provincia ravennate. Le testimonianze degli interpreti accompagnano divertenti scene di vita quotidiana, dalle quali affiora, fra bonari battibecchi e innocenti mattate, il segreto della longevità di questa coppia: l’ironia.
Levità ed estrosità non difettano ad Amore Necessario. Kwaishqaei, dell’indiano Anil Lakhwani, ci porta invece in un altro clima, raccontando la storia en travesti di un ragazzo omosessuale che balla in un night club per racimolare i soldi che gli serviranno per l’operazione di cambio del sesso. C’è chi lo vuole aiutare e c’è chi lo ricatta e lo minaccia. Alla fine, tra sequenze musical e virate gangsteristiche, ci scapperà pure il morto. Il regista va oltre la logica del corto, la quale vorrebbe massima concentrazione audiovisiva in tempi minimi, spinto da un desiderio narrativo che richiederebbe maggiore estensione; tuttavia dimostra buone abilità nella direzione degli attori e un discreto controllo dell’immagine. Col suo Endure, Francesco Chiari si addentra invece nella realtà delle zone di guerra, scandagliando a fondo la psicologia di un sopravvissuto, trincerato dentro un fatiscente tugurio e costretto a vivere come un ratto, diviso fra il richiamo morale al soccorso degli altri suoi connazionali e l’istinto di autoconservazione. Una storia di rimorsi e crisi di coscienza dove gli orrori della guerra sono tenuti fuori campo, espressi unicamente da grida e mitragliate a evocare qualcosa altrimenti incomunicabile con le immagini, aumentando il cerchio d’angoscia che si stringe attorno al protagonista. Non riuscita, purtroppo, la prova dell’indiano Vrinda Kapoor (To Mohandas Karamchand Gandhi) che, pur scaturendo da nobili ideali, risulta confusionaria e ingenua. L’israeliano Itamar Moreno, con Placebo, si aggira fra le stanze di un reparto oncologico e racconta il sofferto amore di un ragazzo, in terapia, per la bella della camera accanto.
Un innamoramento soltanto immaginato, nutrito dalle visioni reali e oniriche del protagonista. Un’opera che colpisce per come rappresenta il disperato richiamo della vita quando nell’aria c’è già l’odore della morte, la reazione della mente attraverso la fantasia (il placebo a cui si riferisce il titolo) quando il corpo dà prova di tutta la sua precarietà e fragilità.
Per un programma completo del festival; Ca’ Foscari Short FIlm Festival 2012, il sito ufficiale