Jia Zanghke, già vincitore del leone d’oro al Festival di Venezia con Still Life porta a Cannes il nuovo A Touch of Sin (Tian Zhu Ding), il cui titolo sembra imitare in modo parodico uno dei film più noti di King Hu del 1971 intitolato A Touch of Zen. Innestando alcuni elementi Wuxia all’interno di un racconto sulla deriva capitalistica della Cina contemporanea Jia Zanghke realizza sicuramente il suo film più violento ma che non è così distante dal suo cinema poetico e politico allo stesso tempo. Infestato di immagini letteralmente filmate con il sangue, mette insieme quattro punti di vista sulla Cina contemporanea seguendo un minatore che si ribella allo stato di corruzione del suo villaggio, un immigrato che durante le vacanze di Capodanno scoprirà le potenzialità della sua arma da fuoco, la rabbia di una receptionist che si rivolta contro un cliente che la aggredisce, le vicissitudini lavorative di un operaio che passa da un lavoro all’altro. Quattro storie ambientate in zone diverse della Cina, dalle zone metropolitane fino ai comuni rurali, fotografati con la consueta maestria da Yu Lik-wai.
Durante la conferenza stampa il regista Cinese ha esordito dicendo che è un onore essere presente a Cannes: “In questo film ho potuto condividere i miei pensieri sulla società contemporanea, su tutto quello che ho osservato della Cina. La pellicola mette in scena quattro diversi personaggi e quattro storie collegandole tra di loro. C’è un lieve collegamento anche tra i quattro personaggi”
Il regista ha continuato parlando della violenza in Cina: “In Cina si verificano sempre più frequentemente episodi di estrema violenza, questo mi preoccupa e ho pensato che fosse necessario parlarne con un film. Volevo che questo fosse il tema principale del mio film. Ho pensato fosse necessario trasporre alcuni elementi della tradizione Wuxia in un contesto moderno. Le persone sono a contatto ogni giorno con questi eventi, ma tendono a scordarsene; vedendoli al cinema spero che non li dimentichino, ma che se ne parli. Il cinema dovrebbe aiutarci a capire la violenza che ci viene nascosta ogni giorno.”
Riguardo la censura Cinese Jia Zanghke ha detto di essere molto legato alla sua libertà durante l’atto creativo : “solamente creando posso impersonare la libertà e dare vita a tutto quello che vive nella mia immaginazione. Quando il progetto arriva al termine cerco di pensare al modo migliore con cui più spettatori cinesi possano vederlo. Una volta che il mio film passa indenne la censura, faccio semplicemente il mio lavoro di regista.”
Agli attori è stato chiesto di parlare del lavoro fatto con Zanghke: “Ѐ stato un piacere lavorare con lui” – ha affermato Jang Wu- “Zanghke spiega le cose con parole semplici, ci ha dato la possibilità di identificarci con i nostri personaggi. Il mio personaggio è un eroe che vuole vendetta e desidera fare giustizia.”
Anche Wang Boiqiang si è dimostrato entusiasta del ruolo affidatogli: “Quando ho letto lo script ho detto subito si, ero molto sicuro mentre lavoravo sul set, mi sono identificato col personaggio, dovevamo essere più sinceri possibile. La sfida più grande è stata non recitare troppo, ho dovuto controllarmi. Ho lavorato a teatro, nelle commedie dove si ride molto, ma in questo caso impersonavo un personaggio molto diverso”
Della stessa idea si è dimostrata Zhao Thao, l’attrice feticcio di Jia Zanghke : “Personalmente mi è piaciuto molto il film, penso sia il migliore che Jia Zanghke ha realizzato; la sceneggiatura, gli attori, tutto è semplicemente perfetto. Come attori abbiamo potuto lavorare senza sforzi, poiché Jia riusciva ad ottenere quello che voleva molto facilmente.”
A Zanghke è stato chiesto se i quattro animali che compaiono nella pellicola abbiano un qualche riferimento simbolico: “Non c’è niente di metaforico sull’uso degli animali nel film” – ha spiegato l’autore- “l’uomo ha un collegamento con la natura e gli animali in modo ovvio, la mia scelta di lavorare su quattro personaggi era per me interessante anche al livello delle connessioni possibili. Non sono attratto dai film che parlano di un solo personaggio. So che nelle mie opere ad alcuni spettatori piace interpretare le immagini come fossero metafore, ma non è questa la mia visione delle cose”