Presentato in concorso al 66esimo Festival di Cannes l’ottavo film diretto da Alex Van Wamerdam e intitolato Borgman, il regista olandese era già stato a Cannes nel 1998 con Little Tony, nella sezione Un Certain Regard.
Il film inizia in medias res, con tre uomini tra cui un prete che imbraccia un fucile, che vanno verso la foresta per scovare il nascondiglio di un uomo che vive nascosto tra la vegetazione, vogliono ucciderlo ma questi scappa e allerta un gruppo di persone come lui, tutti nascosti in altretanti rifugi. Chi siano non lo capiamo inizialmente. Il primo di questi, Camiel Borgman, si aggira per la campagna Olandese, appena avvista una casa signorile, suona il campanello per chiedere ospitalità e per farsi un bagno. Dopo un primo rifiuto, ne seguirà un altro fino a quando il padrone di casa non lo picchierà per farlo desistere. Ma la moglie, impietosita, quando il marito si assenta per lavoro, lo accoglie, lo cura di nascosto e innesca un meccanismo dalle conseguenze irreversibili. Chi è quindi Borgman? Forse un demone, considerati anche gli strani simboli di appartenenza che reca sul corpo, insieme agli altri membri della comunità che vive nei boschi? Oppure è semplicemente l’incarnazione di alcune paure ancestrali? Film oscuro, teso, attraversato da una tensione continua.
Durante la conferenza stampa Cannense erano presenti il regista e gli Interpreti Hadewych Minis e Jan Bijovet.
Alex Van Warmerdam ha parlato di quello che ha ispirato il suo film: “Ѐ molto semplice, ho letto studi critici sul lavoro del Marchese de Sade. Noi tutti abbiamo cose nascoste nella nostra mente e ho lavorato su questo. In generale, comincio con la prima scena, non creo una sinossi in anticipo. A quel punto, non so mai quale direzione andrò a prendere”.
Van Warmerdam sul tono estremamente dark della pellicola: “Deriva tutto dall’idea iniziale, ma ha anche a che fare con il fatto che sto invecchiando, divento sempre più cattivo. In un certo senso non sono così contento del tono cattivo preso dal film. Dovrò lavorarci in futuro”.
Il regista ha continuato spiegando il significato di Borgman: “Cerco sempre di non dare un significato specifico ai miei film. Voglio che gli spettatori si facciano una propria opinione. Borgman potrebbe esser preso come una critica della società occidentale, ma questa non era la mia intenzione iniziale. Ho voluto mostrare il male attraverso il comportamento anomalo di persone normali, quelle che possiamo incontrare in strada”.
Gli attori si sono dimostrati felici di non sapere troppo sul loro personaggio: “Non ho fatto riferimento ha nessun tipo di background, mi piace il non detto, poter immaginare, quando già sai, diventa più un provare a fare del tuo meglio” -ha dichiarato Bijovoet- “Per questo mi piace non sapere troppo.
Della stessa idea Hadewyich Minis : “Ho fatto qualche domanda, ma non molto, sono contenta che non abbiamo fatto troppe prove”.
Per quanto riguarda la scenografia, il regista ha dichiarato che nel momento in cui scrive la storia, riesce già ad immaginare la messa in scena: “Quando scrivo, immagino anche la parte scenografica e ci tengo a rispettarla. Non mi piace cambiare quando arrivo sul set. Amo ricreare la scenografia come me l’ero immaginata. Mi piace che tutto rimanga come l’ho inizialmente concepito”.
Van Warmerdam ha poi parlato della scrittura: “Per quanto riguarda la sceneggiatura, era originariamente più lunga rispetto al film finito, questo è il primo film in cui muovo la macchina da presa, anche se questo normalmente è contro le mie convinzioni personali”.