martedì, Novembre 19, 2024

Cannes 2013, Nebraska di Alexander Payne. L’incontro con la stampa.

Se la 66esima edizione del Festival di Cannes, si avvia ormai agli sgoccioli, i nomi illustri del panorama cinematografico continuano ad arrivare. Oggi è stata la volta di Alexander Payne in concorso con Nebraska, storia di un anziano padre che con suo figlio, viaggia dal Montana al Nebraska per ritirare un montepremi, che crede di aver vinto.

Presenti in conferenza stampa, Alexander Payne e gli interpreti Bruce Dern, Will Forte, Angela McEwan e June Squibb.

Alexander Payne sul motivo che lo ha spinto a realizzare la pellicola in bianco e nero: “Sembrava la via più giusta per il film, è una forma bellissima e ho sempre voluto fare un film in bianco e nero. D’altronde ha lasciato il nostro cinema per ragioni commerciali, non certo per motivi artistici, per questa storia modesta e austera il bianco e nero era perfetto”.

Il regista ha continuato parlando del tono agrodolce e melanconico che caratterizza le sue opere: “Ho ricevuto lo script nove anni fa e sono stato attratto dall’humour e dalla malinconia, mi piace questo stile perché è come la vita. Potrei dire in modo pretenzioso, che Nebraska è un film sull’era deprimente che stiamo vivendo”.

Bruce Dern sul suo lavoro con Payne e altri registi leggendari: “Quando ho letto lo script, sapevo che dovevo interpretare il ruolo ad ogni costo e aspettare nove anni è stato “malinconico” – ha asserito Dern in tono scherzoso – “Ho lavorato con grandi registi e mi piace affermare che ho conosciuto sei geni: Elia Kazan, Alfred Hitchcock, Douglous Trumbull, Francis Ford Coppola, Quentin Tarantino e Alexander Payne” – ha continuato l’attore – “ciò che serve è la volontà di correre dei rischi, Kazan lo faceva così come Payne. Alexander ti spinge al limite e ti pone di fronte a scelte rischiose; quest’uomo arriva fino in fondo a quello che sei”.

Alexander Payne sul ruolo della musica, che solitamente è molto importante nelle sue pellicole: “Ho lavorato con un grande music editor. Lui aveva la sensazione che le canzoni del Tin Hat Trio potessero essere adatte al film, almeno come musica temporanea. È andata così bene che abbiamo messo quelle canzoni nel film definitivo”.

Gli attori si sono poi espressi sul metodo di lavoro di Payne; Bruce Dern: “C’è differenza tra chiedere ad un attore di fare qualcosa e dire ad un attore di fare qualcosa. Alexander prima lo chiede perché è estremamente gentile, ma tu sai che ti sta dicendo di farlo. Lui prende quello che vede da ogni prova, e ti chiede di svilupparlo mentre si lavora”.

“Con Nicholson e Dern abbiamo lo stesso modo di lavorare” – ha tenuto a precisare Payne – “Molte settimane prima di girare, usciamo e parliamo del film, di modo che quando giriamo il lavoro può semplicemente fluire”.

Anche Angela McEwan ha riservato belle parole per il regista: “Payne dirige senza farti accorgere che ti sta dirigendo, lo fa in un modo che i suoi suggerimenti sembrino tue idee. C’è una sensazione di sicurezza”.

June Squibb ha parlato del suo rapporto con Payne: “Questa è la seconda volta che abbiamo lavorato insieme (la prima collaborazione risale al 2002 in About Schmidt), è difficile descrivere come si forma la relazione tra un attore e un regista. Il nostro è un rapporto molto libero, non ho mai pensato che le cose siano impostate”.

Will Forte si è dichiarato intimidito dal suo ruolo: “Il progetto era un po’ fuori dalla mia comfort zone, perché ho sempre fatto commedie, quindi pensavo di non poter fare un film così, con questi attori e con un regista di questo calibro”.

 Alexander Payne sul rapporto padre-figlio al centro della pellicola: “Il figlio vuole offrire al suo anziano padre un momento di dignità. Questa è una questione a cui penso spesso perché i miei genitori stanno invecchiando e vorrei che lo facessero con assoluta dignità. La vecchiaia ci può sminuire. Dobbiamo tenere duro”.

Redazione IE Cinema
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