Se ogni figlio, per diventare uomo, ha bisogno di distruggere il proprio padre, che succede quando un bruciante senso di inferiorità sembra turbare i sonni di un genitore ormai maturo? Joseph Cedar regala al pubblico di Cannes una commedia (in Concorso) ricca di intelligenza e di pungente ironia, che non risparmia il burocratismo e l’ottusità delle ingessate istituzioni istraeliane (dai servizi di sicurezza ai collegi dei saggi), montando sequenze narrative e parti drammatiche in una girandola da commedia degli equivoci. A fare da collante all’intreccio è la rivalità fra padre e figlio, entrambi esperti del Talmud e docenti della prestigiosa Hebrew University, ma naturalmente schierati su fronti inconciliabili. Se il primo ha trascorso la propria esistenza in biblioteca, per poi vedersi sfilare, ad un palmo dal successo, l’unica promettente teoria sfornata nel corso di anni di studio incessante (e in ogni condizione atmosferica), il secondo è un conferenziere di successo, adorato da studenti (e studentesse), nonché prolifico scrittore. Correnti di malcelato disprezzo scorrono lungo un vettore che va dal padre al figlio il quale, ben contento della propria brillante carriera, si limita a scuotere le spalle in compagnia della famigliola o si lamenta dei bruschi sbalzi d’umore del genitore. Tutto sembra ricomporsi in un sorriso benevolo quando al padre viene notificata l’imminente attribuzione del premio più prestigioso dell’anno, a conferma delle sue brillanti intuizioni teoriche. Peccato che, come ogni spettatore non esiterà ad intuire in seguito ad una serie di quadretti esilaranti, la palma tanto ambita sia in realtà destinata al figlio, che qualche segretaria distratta ha maldestramente confuso con il genitore. Rivelare al padre l’equivoco o tacere in nome di qualche brandello di armonia familiare? È davvero così importante non sacrificare la verità all’utile (meglio non scomodare troppo gli affetti)? Presa la difficile decisione, i dubbi non tarderanno ad arrivare da entrambe le parti e, naturalmente, la strada non potrà essere che in salita.