“Il fronte domestico è l’ultima linea difensiva” ammonisce la radio del regime militarista del Sol Levante che Kyuzo incarna alla perfezione, cieco fan dell’imperatore (di cui tiene il ritratto accanto alla spada, alle medaglie all’articolo di giornale che parla di lui) nonché metafora vivente del Giappone prossimo a subire lo sgancio delle due bombe atomiche. In realtà, anche il fronte domestico ha la sua guerra, cominciata ben prima di quella mondiale. Kyuzo picchiava la moglie e l’accusava di essere sterile, e ora finalmente Shigeko può consumare la sua vendetta, portando in giro il marito – che non vuole mettere il naso fuori di casa – come un ricettacolo di attenzione, onore e favori culinari. Come le uova fresche che Kyuzo si becca in faccia dopo aver fatto disperare la moglie nella scena più toccante del film. La verità è che Kyuzo non è né un eroe né un Dio della Guerra. Della guerra è l’ultimo dei sottoprodotti, e in quanto tale il suo nuovo aspetto è una fedele riproduzione della sua interiorità. Wakamatsu ebbe l’idea di Caterpillar durante le riprese di United Red Army (2008): per capire questi giovinastri degli anni Sessanta e Settanta, pensò, bisogna mostrare com’erano i loro genitori, reduci (e complici) di una guerra devastante, assurda e inumana come tutte le guerre. Nel corso dei suoi scarsi novanta minuti (quasi la metà del film precedente), la pellicola tocca vette di intensità e di acume senza mai scadere nella mera freaxploitation. La prima apparizione di Kyuzo buca lo schermo esattamente come la sua uscita di scena, ciononostante Caterpillar non è un film sull’handicap. È un film sulla guerra e le sue conseguenze irreparabili. In questo senso, gli ultimi minuti sono anche fin troppo chiari ed eccedono in cifre, didascalie e materiale di repertorio. Dopo aver fatto “parlare” al meglio tutti i suoi personaggi – da Shigeko fino all’ineffabile scemo del villaggio – la pellicola si conclude con un inutile pistolotto a firma Wakamatsu. Ed è forse per questo motivo che nella sala gremita, a fine proiezione, non si è sentita una mano che fosse una sbattere contro l’altra. Un vero peccato, perché Caterpillar è una celluloid atrocity potente e sensata. Che a Herzog, presente in sala col suo sguardo da guru e un vestito nero pece, potrebbe essere piaciuta alquanto.