Indie-eye Cinema presenta uno speciale dedicato a John Carpenter compositore, Cineasta notissimo anche per aver delineato un percorso sonoro autonomo e di enorme influenza dentro e fuori il territorio della musica per il cinema. L’approfondimento è costituito dall’analisi di tre tra le colonne sonore più influenti del maestro di Carthage; in sequenza è possibile leggere da oggi articoli su The Fog; Escape From New York; In The mouth of madness, ovviamente esaminati da una prospettiva musicale. Introduce lo speciale questa breve intervista; la foto utilizzata è di Sandy King
Mr Carpenter; lei è uno dei primi filmaker che ha esplorato in modo sistematico le possibilità compositive di una partitura completamente elettronica nel cinema contemporaneo. I suoi interessi musicali includono un raggio molto ampio di influenze, dalla Black music al blues, fino al minimalismo e alla musica concreta. Quando ha cominciato a comporre musica per i suoi film, che idea aveva riguardo al suono che avrebbe voluto ottenere?
Ho sempre amato il suono della musica elettronica fin da quando ho cominciato ad ascoltarla nel 1960; credo però che la prima influenza sulla mia musica sia ancora precedente, intorno al 1956. La colonna sonora per Forbidden Planet, completamente elettronica, fu assolutamente innovativa. Posso ancora ascoltarla oggi e percepire le sensazioni di un ragazzino di 8 anni che va al cinema. Quando ho cominciato a comporre colonne sonore, volevo ottenere qualcosa che potesse suonare in modo imponente e che allo stesso tempo fossi in grado di riprodurre su una tastiera. L’idea di poter suonare archi, fiati o un contrabbasso attraverso l’uso di una tastiera era assolutamente incredibile. La prima colonna sonora che ho composto è quella per Dark Star, se escludiamo le musiche che ho composto per i miei primi film quando studiavo alla USC Cinema School. Dark Star è stata composta ed eseguita su un synth molto rudimentale in un appartamento di San Fernando Valley. Tutto quello che volevo ottenere era una partitura semi orchestrale, per lo meno nel formato.
Mr Carpenter, da “Dark Star” fino a “Ghost of Mars” le sue colonne sonore sono in qualche modo influenzate dal country, dal blues, dalla black music; come interagiscono queste tradizioni musicali con i soundscapes di tipo elettronico quando compone le sue partiture?
Sono stato influenzato da tutta la musica che ho ascoltato e che mi è servita per crescere.
Le sue produzioni più recenti, da “in the mouth of madness” fino a “Ghost of Mars”, mostrano apparentemente e progressivamente il passaggio da una prospettiva orchestrale sintetica ad una sorta di “rock” orchestra. E’ un’idea corretta?
In verità, l’idea che nella mia musica ci sia stato un cambiamento orientato a costituire una sorta di orchestrazione rock non è del tutto esatta. I titoli di testa e gli end credits di In The Mouth Of Madness sono sicuramente rock’n’roll ma tutto il resto della partitura è stato realizzato sempre con i sintetizzatori. La stessa cosa vale per Vampires e per Ghosts Of Mars.
Le sue colonne sonore hanno influenzato il suono di molte band e di molti musicisti che utilizzano l’elettronica come dispositivo principale. Recentemente una band come i Portishead ha pubblicato un album (Third) che per certi versi può essere considerato un chiaro omaggio al suo suono. Ci sono musicisti di questo tipo tra i suoi ascolti di oggi?
Non ascolto molta musica elettronica contemporanea come forse dovrei, passo molto tempo a ricordarmi i vecchi tempi. Qualche anno fa mi piacevano molto i Crystal Method e i Chemical Brothers; dopo questo, non mi sono tenuto molto aggiornato.
Può darci alcune anticipazioni su “L.A. Gothic” e sulla sua possibile colonna sonora?
La notizia che io stia dirigendo L.A. Gothic è del tutto prematura. In questo momento non c’è alcun progetto definitivo riguardo ed esso.