domenica, Settembre 8, 2024

Gianni Canova, una conversazione su 10 anni di Cinema Italiano

Lei ha più volte espresso un parere negativo nei confronti di quei critici che si arrogano il diritto di censurare o promuovere un film, spesso sulla base del mero gusto personale, assumendo un ruolo semaforico nei confronti del pubblico. Salvo in pochi casi (cito ad esempio ‘L’ultimo bacio’ o ‘La tigre e la neve’), lei non scrive con l’intento di stroncare o benedire un film. Leggendo il suo libro si ha realmente l’impressione di scorgere una prospettiva differente, che cerca di rinvenire e mettere in circolo il significato che il film possiede, o quantomeno di trovare le ragioni per cui certi tipi di prodotti vanno incontro al gradimento del pubblico. Mi chiedo allora quale sia il limite e dove un critico debba invece esprimere un giudizio negativo in merito al valore, se questo debba porsi più ad un livello etico (mi viene in mente la celebre stroncatura di ‘Kapò’ sui Cahier) o estetico.

È una domanda complessa, che richiederebbe una lunga a e articolata riflessione. Ho concepito questo libro come una sorta di congedo definitivo da una certa attività di critica. Per il venti per cento si tratta di riflessioni nuove, le altre sono apparse su giornali più o meno clandestini. Avrei voluto intitolare il libro, ma poi non l’ho fatto perché tutti me l’hanno sconsigliato, ‘Lo confesso, ho fatto il critico e chiedo scusa’. Avevo anche pensato ad una variante: ‘Non dite a mia figlia che ho fatto il critico, lei crede che faccia il pubblicitario in tv’. Ho scritto questo libro perché credo che questo modo di intendere la critica, come qualcosa di simile ad un pubblico ministero o addirittura ad un boia, che emana sentenze inappellabili sulla base del gusto privato e soggettivo, rappresenti una delle cause del fatto che la critica ha perso mordente. Ciò non toglie che abbia inserito analisi feroci, come nel caso di ‘Barbarossa’ di Martinelli, che considero un sintomo importante del clima dei nostri tempi. Non si può ignorare il fatto che la Lega Nord abbia prodotto artefatti estetici di un certo tipo. Così come sono severe le analisi de ‘La tigre e la neve’ di Benigni o de ‘L’ultimo bacio’ di Muccino. Il mio intento è però quello di argomentare, evitando giudizi liquidatori e proponendo valutazioni negative soprattutto di quei film che hanno un risvolto negativo dal punto di vista socio-antropologico, piuttosto che meramente estetico. (continua  a pagina 3…)

Sofia Bonicalzi
Sofia Bonicalzi
Sofia Bonicalzi è nata a Milano nel 1987. Laureatasi in filosofia nel 2009 è da sempre grande appassionata di cinema e di letteratura. Dal 2010, in seguito alla partecipazione a workshop e seminari, collabora con alcune testate on line.

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