Lo scorso 29 novembre 2010, Gianni Canova, critico cinematografico e preside della Facoltà di Comunicazione, relazioni pubbliche e pubblicità all’università Iulm di Milano, ha presentato a Torino presso il circolo dei lettori il suo ultimo libro,Cinemania. 10 anni 100 film: il cinema italiano del nuovo millennio (Marsilio 2010). Per l’occasione, Sofia Bonicalzi lo ha incontrato e intervistato per Indie-eye Nettwork, ne è nata una conversazione ricca di stimoli e intuizioni, non solo sul Cinema Italiano recente ma anche su mezzi e linguaggio della critica cinematografica contemporanea….
Il suo libro parte da una tesi, forte. Il cinema italiano non è affatto morto, come si vorrebbe far credere in modo affrettato, ma attraversa una fase di vitalità artistica non trascurabile. Lei dimostra questa tesi guidando lo spettatore attraverso i cento film più significativi dello scorso decennio, fra titoli più o meno noti. Il 2010 sembra confermare queste aspettative, attraverso una serie di proposte interessanti, da ‘Le quattro volte’ (N.D.R. leggi la nostra intervista a Michelangelo Frammartino) a ‘L’uomo che verrà’ a ‘La nostra vita’, ad opera di cineasti che sembrano non voler rinunciare ad uno sguardo diverso, senza piegarsi alle logiche della mercificazione culturale. In certi casi il cinema sembra aver mantenuto un ruolo critico che altri strumenti di comunicazione sembrano aver perso. Eppure anche questo spazio di autonomia sembra essere messo sempre più a repentaglio. Quali saranno secondo lei le strade più promettenti nei prossimi anni? In che modo il cinema potrà mantenere questo ruolo in una situazione di generale crisi culturale?
Sul futuro non vorrei sbilanciarmi, preferirei piuttosto tornare su quella che enunciavi come tesi di fondo. Il libro è suddiviso in 100 analisi di film spalmati sull’ultimo decennio, che non sono i più bei film secondo me. Non ho seguito un criterio di gusto e predilezione personale, ma ho scelto i film che ritengo più interessanti, a cui inevitabilmente uno studioso fra cinquant’anni dovrà rifarsi per capire il Cinema, ma anche la società italiana del nostro tempo. Ho scelto questi film, perché ritengo siano quelli che maggiormente intercettano i flussi dell’immaginario collettivo, producendo forme che riescono a coagulare quelle dell’universo iconico di tutti. Naturalmente si tratta di opere eccellenti anche dal punto di vista estetico, filmologico e comunicazionale. È una tesi abbastanza forte: io sostengo che il cinema italiano degli anni zero sia uno dei più interessanti al mondo, mentre Hollywood sta attraversando una profonda crisi di idee e una difficoltà a livello produttivo. Al tempo stesso mi sembra che la carica innovativa della cinematografia asiatica sia in via di esaurimento, mentre il cinema europeo si sta sempre più ripiegando, manieristicamente, su forme e modelli già abusati. Sfido chiunque ad indicarmi un’altra cinematografia al mondo che sia stata capace di produrre in pochi anni tre capolavori assoluti, quali ‘Il divo’ di Sorrentino’, ‘Gomorra’ di Garrone e ‘Vincere’ di Bellocchio, oltre al film d’esordio di Diritti (‘Il vento fa il suo giro’) e a film sperimentali come ‘Case sparse’ di Celati, una delle analisi di cui vado più fiero. Nessun’altra cinematografia ha saputo proporre film così fortemente innovativi e al tempo stesso capaci di entrare potentemente nell’immaginario collettivo. Ci sono naturalmente degli elementi negativi; nel mio libro ho indicato i tre che mi sembrano di maggior rilievo, parlando della debolezza tecnologica, critica e produttiva del cinema italiano. In particolare chi svolge il mestiere di critico dovrebbe rendere conto della progressiva espulsione della critica dai media, e della sua progressiva sostituzione con il gossip. Il successo della trasmissione di Fazio e di Saviano ha dimostrato che esiste un pubblico maturo e disposto ad avvicinarsi a nuove forme comunicazionali. (continua a pagina 2….)