La vita di TJ, adolescente americano, è una lotta costante, fisica e morale, per sopravvivere alla situazione familiare e scolastica: la morte della madre a causa di un incidente stradale, a cui tenta di reagire cercando di riavere e di rivivere la macchina distrutta, il tormento continuo del bulletto di turno che lo ha preso di mira. Nel suo universo relazionale, asciutto, crudo, ci sono pochi personaggi, tutti caratterizzati da una mancanza: il padre, la nonna, la ragazza cassiera. E Hesher, metallaro squatter e sfascione che occupa casa della nonna di TJ, rocker nichilista modellato sul defunto bassista dei Metallica Cliff Burton, con un riferimento esplicito sin dai caratteri del logo del film. Hesher si inserisce in questa narrazione rarefatta e tenue con un fragore di chitarre distorte, basta far caso, letteralmente, ai sincroni espliciti che lo accompagnano nelle sue prime battute. Hesher è l’elemento disturbante, grezzo, volgare, incontenibile e incomprensibile, che chiama appunto lo spettatore alla comprensione dei suoi atti dissacratori, illegali, anti-convenzionali, apparentemente amorali, per arrivare sostanzialmente a niente, e questo è il punto. Il film gira a vuoto, delle mille questioni che vengono aperte (la morte, l’ascolto, la crisi economica, la violenza, la maturazione del giovane TJ) nessuna viene approfondita e Spencer Susser, alla sua opera prima, si limita ad affastellare sequenze shock (o finto-tali) per poi chiudere con un finale che dà da pensare, anche se non si sa bene a che cosa.
Nella confusione, ciò che conta è l’energia pura, il grido necessario di affermazione della propria esistenza del protagonista. Susser spinge sul pedale dell’assurdo e di quel contrasto tra il rocker e il resto del mondo che diventa spesso comica accettazione e genera situazioni che tanto piacciono al target “rock” a cui il film è chiaramente indirizzato, come la scena in cui Hesher fa fumare alla nonna un bong o quella in cui Hesher al funerale della nonna si scola una lattina di birra parlando dei suoi testicoli o quella in cui Hesher a tavola parla di gente che stupra le vecchie o quella in cui Hesher… Insomma, come in un gruppo rock mal calibrato, Hesher è il solista che, bravo quanto ti pare (e oggettivamente Joseph Gordon-Levitt è bravissimo, come tutti del resto), quando parte riesce a rendere noioso e senza senso anche un pezzo buono, introspettivo, ben studiato e pieno di passione. Se poi l’assolo ritorna sul pezzo in modo forzato, il fastidio è ancora maggiore. È un peccato, si fosse data meno importanza e più senso al personaggio di Hesher forse sarebbe stato possibile fare un ottimo film senza per questo vendere meno gadget promozionali o scontentare gli aficionados dei rock-movies. Grande lavoro sul (e dell’) attore, che forse paradossalmente di tutti i personaggi è quello a cui siamo interessati di meno.