Una famiglia, una bella casa, dei bei figli intelligenti e in gamba, un genitore medico e uno che si occupa della casa e i problemi e i piccoli conflitti di sempre: i soldi, il lavoro, l’educazione dei ragazzi. Una famiglia normale con però 2 mamme; Nic (Annette Bening) e Jules (Julianne Moore), una coppia lesbica alto borghese con 2 figli di 18 e 16 anni concepiti con il seme dello stesso donatore. Su richiesta del fratello minore Laser, Joni (Mia Wasikowsca), compiuti i 18 anni e prossima alla partenza per un college prestigioso, ottiene tramite la banca del seme il numero di Paul (Mark Ruffalo), il donatore attraverso il quale le loro madri li hanno concepiti. Paul è un ristoratore che dirige una florida attività, ha un discreto successo con le donne, guida una grossa moto, vive in una bella casa, mantiene nei confronti della vita un atteggiamento da hippie ed è un tipo piuttosto simpatico anche se un po’ immaturo che accetta volentieri di incontrare i due ragazzi. Passato l’imbarazzo iniziale Joni e Laser cominciano ad apprezzare molto la compagnia di Paul che si rivela un piacevole diversivo dalla vita con le 2 madri, amorevoli e comprensive, ma un po’ rigide. La vicenda si complica quando Nic e Jules, venute a conoscenza dell’incontro fra Paul e i ragazzi, decidono di volerlo conoscere. L’inserimento dell’uomo nella vita della famiglia metterà alla prova il rapporto fra le due madri-partner e i ragazzi. L’equilibrio verrà ulteriormente sconvolto quando Paul assume Jules, la quale dopo la laurea in architettura aveva rinunciato a una vera e propria carriera per seguire i ragazzi e la casa, come restauratrice del suo giardino, toccando un nervo scoperto nella vita della donna. Il soggetto di Lisa Cholodenko (già attiva nella direzione di grandi successi televisivi americani degli ultimi anni come The L world e Six Fit Under, e del film Laurel Canyon- Dritto in fondo al cuore) sceneggiatrice e regista della pellicola non è certo nuovo come materiale per commedie americane alcune delle quali anche molto recenti (Due cuori e una provetta, Piacere sono un po’ incinta, Lei mi odia), ma la prospettiva attraverso la quale viene trattato è del tutto diversa. Il film non è l’ennesima commedia degli equivoci sul tema della famiglia allargata e non convenzionale, ma piuttosto uno spunto di riflessione sulla fragilità delle dinamiche familiari e di coppia, sulla gioia ma anche sulla difficoltà di una vita vissuta insieme. L’omosessualità delle protagoniste non è in alcun modo diversità perché niente appare più normale e convenzionale della loro coppia; il diverso e lo strano è piuttosto il perfettamente eterosessuale Paul , (ricorre nel film per il personaggio l’aggettivo weird –strano , con il quale lo definiscono i suoi figli biologici e come lui stesso ammette di essere) ragazzo cresciuto che scopre attraverso l’incontro con i due ragazzi la voglia di essere padre. Il film è una piacevole storia di costume con qualche momento di grande comicità, come quando la splendida 53enne non ritoccata Annette Bening intona nostalgica le canzoni di Joni Mitchell, o i primi goffi approcci di Mark Ruffalo con i figli biologici («Perché hai donato il tuo seme?» «Beh, mi sembrava più divertente che donare il sangue.»), ma con anche spunti di sottile e autentica sensibilità: il monologo di Julianne Moore sul matrimonio e sulla vita vissuta insieme e condivisa, e il profondo rapporto d’amore e complicità che lega queste due donne. In una stagione che ci ha regalato, per quanto riguarda le produzioni anglosassoni e americane, film stilisticamente perfetti e molto competitivi nel circuito delle grandi premiazioni, talmente ben fatti da apparire a tratti un po’ aridi, I ragazzi stanno bene si ritaglia uno spazio più intimista, quello dei sentimenti veri e complicati insiti in qualunque tessuto familiare, avvalendosi di un cast di grandissimo spessore nel quale brillano un maturo Mark Ruffalo (che ha recentemente esordito anche come regista di Simpaty for Delicuous), una superba Annette Bening e la sorprendente Mia Wasikowsca che si era già fatta notare nella serie televisiva della HBO In treatment e come la Alice di Alice in the Wonderland di Tim Burton.