martedì, Novembre 5, 2024

Il Cecchino di Michele Placido (Francia, 2013)

il_cecchinoC’è di tutto un po’ in questo film che la Francia ha affidato a Michele Placido, un polar che omaggia una lunga e gloriosa tradizione d’oltralpe senza, peraltro, pretendere di confrontarvisi. O, forse, non riuscendo. Citare altre cinematografie sul genere è esercizio inutile, non regge confronti né con l’America (la mitica sfida di Mann) né, ancor meno, col poliziesco hongkonghese, che sullo sniper dal volto umano ha segnato con il cinema di Dante Lam un confine difficile da uguagliare. Placido non è inesperto di storie criminali. Montaggio serrato, macchina fissa e, di colpo, scatenata in un putiferio infernale, primi piani lancinanti e inseguimenti a bout de souffle, crash automobilistici abbastanza credibili e, soprattutto, originali. Per i boulevards di Parigi e sul lungo Senna, piuttosto che fra i grattacieli di Hong Kong o fra i crocevia del Bronx, creano strane dissonanze.
Ciò che non regge è la fitta rete di sottotrame che s’insinuano nel corpo centrale del film, sul duello Mattei/ Kaminski, tutore della legge/ criminale, padre disperato per la morte del figlio in Afghanistan/ disertore dalla guerra afghana con un segreto da nascondere. Dunque, già nella colonna portante del film c’è materiale che abbonda, innestarvi derive horror e sentimentali toglie tensione e compattezza, relega spesso sullo sfondo protagonista e antagonista, frastorna lo spettatore a cui il film comincia a sembrare ben più lungo dei suoi 89 minuti.
La storia è classica. Il capitano di polizia Mattei (Daniel Auteil) sta per mettere a segno la cattura di una banda di rapinatori quando il cecchino Kaminski (Mathieu Kassovitz), appostato sul tetto di un palazzo, spara sui poliziotti e i banditi riescono a fuggire. Nascondono il bottino in luogo sicuro ma uno di loro, Nico (Luca Argentero) è ferito, dunque lo portano da un medico criminale (Olivier Gourmet) tipo molto poco affidabile al solo vederlo, e in effetti poi si scoprirà che è un raccapricciante serial killer, psicopatico quanto basta per ricordarci tutta una serie di precursori celebri.
Una telefonata anonima a Mattei fa catturare il cecchino che, in carcere, prepara una fuga mirabolante più per l’insipienza dei custodi che per sue risorse diaboliche. Cancellate le sue tracce, si mette in cerca dei complici/traditori e tenta di recuperare il bottino. La giovane e bella moglie di Nico (Violante Placido), messa sotto pressione da Mattei non parla, ma in un serrato scontro finale con Kaminski rivela il suo segreto fra urla e lacrime: è incinta e non ha notizie del marito da troppo tempo. Mentre Mattei scopre l’identità del cecchino ricorrendo ai servizi segreti e arrivando così ad una rivelazione che lo coinvolge drammaticamente sul piano privato, Kaminski procede fino alla resa dei conti finale, prima con la banda, poi con Mattei, in un confronto non più fra criminale e poliziotto, ma fra uomini che la vita ha in vario modo devastato fin nel profondo. Finale aperto, come si conviene in questi casi.
E Nico? E il medico/mostro? E la fanciulla che scappa nuda nel bosco dalla tana in cui era rinchiusa? E il criminale con tumore al cervello che Kaminski risparmia? Troppe domande, qualche risposta estemporanea, nel finale i cecchini si moltiplicano, ma stavolta sono quelli della polizia appostati sui tetti, da dove perfino Mattei prova a sparare, senza però dimostrare buona mira.

 

 

Paola Di Giuseppe
Paola Di Giuseppe
Paola di Giuseppe ha compiuto studi classici e si occupa di cinema scrivendo per questo e altri siti on line.

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