Pat Solitano è affetto da bipolarismo. Ha scoperto la malattia quando, di ritorno da lavoro, ha sorpreso la moglie Nikki, con un altro uomo e ha pestato quest’ultimo quasi a morte.
Dopo aver passato 8 mesi in una casa di cura ed aver ricevuto un ordine restrittivo nei confronti della moglie, Pat esce dall’istituto e torna a vivere con i genitori. La sua intenzione è dimostrare la guarigione a Nikki e tornare con lei. L’incontro con la difficile Tiffany, cambierà i suoi piani.
David O. Russell, negli ultimi anni sembra essersi appassionato nel dar volto a personaggi difficili, che non riescono a controllarsi e che perdono contatto con la propria vita. Ci aveva già mostrato una famiglia disfunzionale in The Fighter, dove il protagonista era sì un campione di boxe, ma le sue caratteristiche principali erano il vivere all’ombra del fratello, il non riuscire a staccarsi da una madre fin troppo possessiva e da sorelle altrettanto invadenti.
Per certi versi, in quest’ultimo lavoro, Russell richiama alcuni temi e soluzioni visive di The Fighter: in entrambi c’è un protagonista offuscato dal fratello (anche se in modo meno ingombrante ne Il lato positivo), c’è una donna (Charlene in The Fighter, Tiffany ne Il lato positivo) che tenta di indirizzare il protagonista verso la giusta strada, vi è la necessità di gestire oltre che sé stessi anche una famiglia problematica.
Persino nello stile, con la macchina sempre in movimento, quasi agitata e i frenetici passaggi da una scena all’altra, le due pellicole si fanno eco. Ne il lato positivo, come in The Fighter non c’è un momento di calma, avviene sempre qualcosa, ed è forse questo il suo punto di forza.
Entrambi i film risultano ondivaghi, ma se per quanto riguarda The Fighter questo è un elemento di ripetitvità a tratti negativa, l’ultima opera del regista americano sfrutta questa apertura in modo originale, non tanto per la storia che tratta, ma per l’equilibrio con cui riesce a tradurre il disorientamento della follia evitando la banalizzazione.
L’altro punto di forza del film è la grande capacità di Russell nella direzione degli attori; qui il regista lavora su Bradley Cooper in un modo molto simile al lavoro sul George Clooney di Three Kings; lo spoglia di alcuni tratti superficiali e caratteristici, lavorando sulla fisicità dell’interpretazione. Cooper è infatti perfetto nel ruolo principale e i suoi scambi di battute con Jennifer Lawrence, su tutti quello sull’uso di psicofarmaci, risultano irresistibili. Un alchimia che si riverbera anche sull’intero cast, Robert De Niro (nel ruolo di Pat Sr) recupera la forza delle sue interpretazioni migliori, Jacki Weaver (la madre Dolores), dopo la grande prova di Animal Kingdom, è una conferma e la Lawrence (Tiffany), giustamente premiata con l’Oscar, catalizza l’attenzione con una notevole forza “animale”.
Sicuramente ad aiutarla è il bel personaggio ritagliato su di lei; Tiffany è tagliente, di forte impatto, una figura come hollywood non ne scriveva da anni. Poche attrici sarebbero state in grado di regalare un’interpretazione così viscerale, realistica, ma mai sopra le righe. La grandezza della Lawrence sta nel saper tenere sotto controllo tutte le situazioni che al contrario sono legate a interazioni che presuppongono la perdita dello stesso. In un ruolo del genere, sarebbe stato facile scivolare in una caratterizzazione sopra le righe, ma l’attrice riesce a bilanciare perfettamente toni e tempi.
Russell sembra voler lavorare sulla relatività del concetto di pazzia: la follia è quella clinicamente diagnosticata e che coinvolge i due protagonisti, oppure fa parte anche di alcune disfunzioni quotidiane, comunemente accettate, come i tic e le idiosincrasie del personaggio interpretato da De Niro, ossessionato dai Philadepia Eagles, sui quali punta tutto il suo denaro?
Pat Sr. è convinto che la famiglia unita e soprattutto la presenza del figlio durante le partite della squadra, porti fortuna. Per volere del padre e per assecondare il suo universo scaramantico, Pat si reca allo stadio assieme al fratello il giorno del match decisivo, ma l’uscita si rivelerà un fallimento e sarà necessario l’intervento di Tiffany perché tutto si risolva.
Non è quindi certo la famiglia nucleare a offrire una possibile direzione a Pat, ma Tiffany, con tutto il suo carico di problematicità.
Il lato positivo da un certo punto di vista lavora su diversi registri, percorrendo la terra di confine della commedia romantica dal tono agrodolce, che per certi aspetti ricorda il tocco di Alexander Payne, soprattutto nell’ultimo Paradiso Amaro. Entrambi i registi possiedono la non comune capacità di affrontare temi delicati; senza lasciare spazio ad un facile sentimentalismo, evidenziano le distonie più che le armonie.
Il continuo alternare momenti esilaranti a episodi drammatici, risulta quindi necessario al film di O.Russel, un’imperfezione che è anche punto di forza, perché anche la vita è un continuo cambiamento, un sovrapporsi di momenti felici a sconfitte, un “testo” sempre aperto.