venerdì, Novembre 22, 2024

Il Rifugio – di François Ozon: la recensione

A pochi giorni dalla presentazione del suo Potiche alla platea del Lido, Ozon torna nelle sale italiane con un film probabilmente minore per ambizioni, ma che conferma l’amore del regista francese per un cinema abbacinato dal fascino dei personaggi femminili. Ancora una volta, dopo Sotto la Sabbia, lo sguardo di François Ozon si sofferma su una donna che, forte delle sue debolezze, si trova ad affrontare l’elaborazione di un lutto. In questo caso ricorrerà alla terapia d’urto di una gravidanza, opposto zenitale della morte e funzione primigenia del femminino. Un’overdose si porta via Louis, uomo della tossicomane Mousse, che scopre nella stessa occasione di aspettare da lui una bambina. Nonostante le pressioni della madre del ragazzo, Mousse decide di rifugiarsi nell’isolamento di una casa al mare per affrontare la dolce attesa e, con essa, il confronto con l’eredità in carne ed ossa del grande amore perduto. Sarà d’aiuto, inaspettata, l’intimita con Paul, fratello adottivo e omosessuale di Louis, interpretato dal giovane cantautore Louis-Ronan Choisy.

La Carrè presta le sue abbaglianti rotondita di gestante ad un progetto che sembra trovare una giustificazione registica proprio attorno al misterioso e primordiale magnetismo sprigionato dal globo vitale di un pancione. La stessa Mousse sembra intimorita da quella forza gravitazionale, che attira sguardi materni pieni di rimorsi e morbosi sguardi maschili che la rendono contemporaneamente gelosa e invidiosa. Arroccandosi nell’affetto di Louis, infertile per preferenza e per questo puro, che la aiuterà a capire che esistono casi in cui l’abbandono diventa il piu alto atto d’amore, che ha i tratti di una rimembranza sentimentale o di una bimba che merita di stare lontana da chi flirta per indole con la morte.

La geometria drammaturgica perfettamente funzionante sulla carta sembra perdere forza e convinzione sullo schermo, in una narrazione che sembra tangenziale rispetto all’approfondimento dei personaggi e funzionale piu che altro agli attori (le performance di Choisy al piano e al canto ne sono un esempio). A questo proposito ritorna alla mente una dichiarazione del regista riguardo all’idea alla base de Il Rifugio: “da anni volevo girare un film attorno ad un’attrice realmente incinta”. Traspare la sensazione che in questo proposito nasca e si esaurisca l’urgenza del film, in un esercizio registico che naviga a vista distrattamente attorno alla sua protagonista e alla sua condizione di raggiante splendore materno.

La tossicodipendenza viene facilmente liquidata in un breve dialogo, il tema dell’assenza paterna riaffiora brevemente tra i lunghi giochi di sguardi e di gelosie dei due protagonisti. Ci auguriamo che con la nuova pellicola in concorso a Venezia l’autore francese sappia tornare alla pittorica e glaciale profondita di sentimenti alla quale il suo cinema ci ha abituato.

Alfonso Mastrantonio
Alfonso Mastrantonio
Alfonso Mastrantonio, prodotto dell'annata '85, scrive di cinema sul web dai tempi dei modem 56k. Nella vita si è messo in testa di fare cose che gli piacciano, quindi si è laureato in Linguaggi dei Media, specializzato in Cinema e crede ancora di poterci tirare fuori un lavoro. Vive a Milano, si occupa di nuovi media e, finchè lo fanno entrare, frequenta selezioni e giurie di festival cinematografici.

ARTICOLI SIMILI

CINEMA UCRAINO

Cinema Ucrainospot_img

INDIE-EYE SU YOUTUBE

Indie-eye Su Youtubespot_img

FESTIVAL

ECONTENT AWARD 2015

spot_img