«A molti manca l’uomo di cinema, a noi manca il fratello» con queste parole Jacopo Salani ha salutato il pubblico dell’Odeon dove il 28 e 29 ottobre si è ricordato Corso Salani regista, autore e attore fiorentino scomparso lo scorso 16 giugno. Molti, oltre alla famiglia che ha ricevuto Le Chiavi della Città di Firenze alla Memoria, gli amici, i colleghi che lo hanno ricordato nel corso dell’incontro con il pubblico, con commozione e grandissimo affetto. «Lavorare con Corso non era solo un momento di confronto artistico, ma di amicizia e anche di scontro talvolta» ha detto Alessandro Michelucci presentando gli ospiti che si sono alternati sul palco dell’Odeon.
La prima è stata la collega e l’amica di una vita, Monica Rametta, sceneggiatrice e attrice di molti dei film scritti e diretti da Corso Salani: «La nostra è stata una lunga amicizia, cementata dal fatto che abbiamo cominciato a lavorare insieme; Voci d’Europa è stato il primo film al quale abbiamo lavorato insieme. Ricordo la libertà assoluta: non avevamo una sceneggiatura, ma solo degli stralci di testo e giravamo all’impronta. Corso lavorava sempre con piccole troupe ed era un perfezionista, attento ai dettagli tanto che lavorare con lui come aiuto regista non sempre era facile, trovava difficile scindere la vita dal cinema. Nel 2000 professionalmente le nostre strade si sono separate, ma il nostro rapporto umano è continuato. Non ci siamo mai persi.»
«Il nostro incontro sul piano personale è stato molto forte, a volte ci perdevamo per poi ritrovarci. Il cinema di Corso era esattamente il cinema che io volevo fare, ed è il suo voler raccontare quello che voleva a dispetto di tutto che ho sempre ammirato» ha commentato Gianluca Arcopinto, produttore, «Abbiamo molto viaggiato insieme» ha proseguito Arcopinto «ma non solo, ci piaceva guardare insieme le partite di calcio, ma anche andare al bar e parlare di viaggi, di donne e di tutte le storie che volevamo raccontare. Abbiamo lavorato insieme in Occidente, Palabras e C’è un posto in Italia ma il nostro è stato sicuramente un rapporto decisamente più umano che professionale, un’amicizia importante.»
Marta Donzelli della Vivo Film ricorda ancora l’attenzione ai dettagli che Salani aveva nel realizzare il suo cinema: «Non sempre è stato facile lavorare con lui. Corso amava raccontare gli occhi, le labbra, la pelle delle persone, e non si fermava mai. In questi ultimi mesi ci siamo accorti di quanto il suo lavoro, così indipendente, fosse in realtà molto conosciuto; riceviamo moltissime lettere e richieste dai festival indipendenti più importanti d’Italia. Corso ha lasciato tanti semi che stanno sbocciando piano e tanti sentieri che, adesso che purtroppo non c’è più, si stanno incontrando.» Prosegue Marta Donzelli: «Con la nostra casa editrice avevamo pubblicato uno dei suoi scritti, Imatra, che come tutti i lavori di Corso era di difficile classificazione, un racconto ibrido che non ha avuto una facile affermazione.». Intimo e personale il ricordo di Gregorio Paonessa, marito di Marta e suo partner per la Vivo Film: «Arrivato oggi a Firenze una delle prime cose che ho voluto fare è stato andarmi a mangiare un panino con il lampredotto, Corso me ne parlava sempre, amava profondamente la sua città. Ricordo una sera a Locarno durante la quale ci fece morire dal ridere esasperando il suo accento fiorentino, di solito molto discreto. Professionalmente mi sento di dire che non siamo stati noi a credere in Corso Salani, ma il contrario, lui ha creduto in noi.»
Alessandro Michelucci ha sottolineato l’interesse di Salani per gli angoli di mondo poco conosciuti, specialmente in Europa come Gibilterra, Estonia e Finlandia che sono stati il set di molti dei suoi film, proprio grazie al suo interesse per le culture lontane e le loro commistioni che è iniziato il sodalizio con Anette Dujisin, giovane aiuto-regista e attrice: «Ho conosciuto Corso subito dopo aver visto Palabras» spiega «mi aveva colpito perché io sono per metà cilena e per metà ungherese. La mia transnazionalità lo ha interessato ed è iniziata la nostra collaborazione. Ho lavorato come assistente, fonica, operatrice e attrice e così ho imparato il suo cinema, la sua libertà, il suo viaggiare e lavorare in pochi senza sceneggiatura ma solo con un soggetto.»
Sul Corso Salani attore il ricordo del regista Andrea Adriatico: «Ho girato con lui il mio primo lungometraggio Il vento, di sera; era un attore straordinario. Ricordo in particolare una scena girata da lui insieme a Giovani Lindo Ferretti, con la quale ho voluto omaggiare Film Blu di Krzystzof Kieslowsky: il protagonista doveva camminare strusciando il dorso della mano contro un muretto di pietra, e benché tutti nella troupe si fossero preoccupati di fornirgli una protezione, Corso volle girarla senza ferendosi realmente la mano. Ho anche il privilegio di conservare alcune sue sceneggiature mai realizzate, come quella che aveva scritto sul mondo della scherma femminile nella quale avrebbe voluto Margherita Granbassi come attrice. Io insegno al Dams e quest’anno ho messo nel programma per i miei studenti Imatra, perché vorrei che la memoria di Corso fosse celebrata proprio dal suo cinema.»
Monica Rametta, amica e collaboratrice parla di un altro aspetto del lavoro di Salani: «Io non ho viaggiato molto con Corso, ma mi sono dedicata di più al lavoro di ufficio insieme a lui, raccogliendo il suo materiale. Mi manca lavorare con lui e il nostro rito del tè pomeridiano, lo stare per ore davanti allo schermo. Ci somigliavamo per la nostra riservatezza e riuscivamo a comunicare spesso senza parlare».
Francesco Pamphili della Kairos Film riporta l’attenzione sulla dimensione privata: «Arrivare stamattina alla stazione di Santa Maria Novella è stato emozionante perché è là che ho incontrato Corso la prima volta in occasione della realizzazione di Mar Nero. Abbiamo collaborato per quasi un anno ed è una persona di cui si sente tanto la mancanza; anche con me parlava spesso di calcio e l’anno scorso mi sfotteva per la mia fede laziale. Nella nostra Società manca davvero a tutti e ci impegniamo a lavorare per la conoscenza e la diffusione del suo cinema.»
Alberto Morsiani, autore del libro South by Southwest . Il cinema di Corso Salani edito da Il Castoro, uscito alla fine del 2008, approfondisce le tematiche che hanno animato il cinema del regista fiorentino: «Ci siamo conosciuti anni fa dopo una proiezione di Voci d’Europa. Il suo cinema lo si può considerare come un insieme di tanti film che ne formano uno solo all’interno del quale ricorrono i temi che gli erano più cari: lo spaesamento, l’aporia e l’altrove. Corso diceva “ Il film è la vita che mi sono scelto” e sognava un cinema essenziale, puro, nel quale il gesto del fare cinema fosse più importante dell’oggetto finale, il film. La sua poetica lo pone vicino ad autori come Herzog, Jarmush e Wenders, ma l’analisi psicologica che lui faceva sui suoi personaggi è a mio parere unica nel suo genere.»
Uno sguardo critico viene dato anche da Giuseppe Gariazzo autore del volume Conversazioni, Il cinema nelle parole dei suoi autori, edito da Lineadaria, che raccoglie due interviste dell’autore a Corso Salani insieme al dvd di Gli occhi stanchi: «Ho raccolto 2 interviste da Corso, una molto lunga del 2006 che realizzammo in un bar e parlando de Il peggio di noi, e una più breve su Gli occhi stanchi che è uscito in allegato con il libro. Nella prima intervista lui si era messo a nudo raccontandomi tante cose di sé intime e preziose, tanto da indurmi a chiamarlo prima di decidere di pubblicarla; Corso mi disse che la potevo pubblicare esattamente come la aveva rilasciata ad ulteriore riprova che per lui la vita e il cinema erano in un certo senso indissolubili. Ciò che mi ha sempre colpito della sua carriera è la sua costanza nel cercare sempre strade inedite da inserire in un solito percorso. Tra i suoi film trovo che Con gli occhi stanchi sia uno dei punti più alti del suo cinema, lui era molto affezionato a questa storia ed in particolare al suo finale. In Mirna aveva raccontato il suo Sudamerica con questa storia d’ amore fra donne raccontato in un lungo monologo introducendo un’altra riflessione fondamentale sul cinema di Corso Salni, e cioè quella sul tempo e la durata di un’azione.»
La lunga conversazione su Corso Salani un artista indipendente del quale si sentirà la mancanza per la sua serietà, la sensibilità di attore e la passione e la forza di autore si è conclusa con una bella lettera di Grazia Paganelli letta da Sveva Fedeli nella quale si ribadisce la molteplicità delle realtà raccontate dai suoi film e il suo fare cinema per una costante e determinata necessità di conoscenza.