Ogni volta che, con cadenza ormai annuale, un film di Woody Allen esce nelle sale, pochi sembrano resistere alla tentazione di sottolineare quanto i dialoghi siano brillanti e la direzione degli attori impeccabile, ma come in fondo il regista newyorchese ci riproponga ‘sempre la stessa storia’, pur nell’alternarsi ormai frequente degli scenari urbani, fra ritiri british (‘Match point’ su tutti), allegre vacanze in salsa catalana (‘Vicky Cristina Barcelona’) e geniali rimpatriate (‘Basta che funzioni’). In effetti nella girandola di situazioni più o meno probabili, Woody Allen spesso e volentieri racconta se stesso, proiettandosi in una galleria di personaggi che sembrano girare a vuoto attorno alla loro personalissima ossessione, mentre l’ironia talvolta pungente, sempre disincantata, viene eletta a chiave d’accesso privilegiata ai piccoli e grandi dilemmi dell’esistenza quotidiana. Per molti versi ‘Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni’ è anch’esso un concentrato del cinema alleniano, con tanto di melodie jazz di sottofondo, canzoni d’epoca (apertura e chiusura sulle note della malinconica ‘When You Wish Upon A Star’) e suadente voce off che ci fa scivolare piano piano nelle vite di personaggi inesorabilmente votati alla mediocrità. Eppure siamo lontanissimi dalle atmosfere delle ultime pellicole o dalle ardite geometrie delle opere londinesi. Se infatti ‘Basta che funzioni’ ruotava attorno alla personalità eccentrica e corrosiva di Boris Yelnikoff, fisico di fama impegnato per gran parte della giornata a discettare dell’inutile vanità del cosmo, nel nuovo film di Allen non ci sono voci fuori dal coro, ma una serie di personaggi un po’ sbiaditi (come il Robin Williams fuori fuoco di ‘Harry a pezzi’), alla ricerca di un’occasione, che intuiamo subito non si presenterà a buon mercato, e che forse nessuno di loro ha fatto molto per meritare, in un orizzonte in cui anche le muse sembrano aver perso la loro efficacia (la donna in rosso, che Roy scruta quotidianamente, non salva dal fallimento il suo ultimo romanzo) e tutti sembrano afflitti dalla cronica incapacità di comprendere i propri simili (il sogno d’amore di Sally non dura lo spazio di uno champagne insieme).
Dopo tanti anni di matrimonio Alfie, gentiluomo londinese che non si arrende agli anni che passano, lascia la moglie in vista di una poco promettente carriera da scapolo impenitente, almeno fino all’incontro con Charmaine, attricetta dalle gambe chilometriche e dall’insana passione per pellicce e altri giocattoli costosi. Nel frattempo l’ex moglie Helena, dopo un tentativo di suicidio intercettato a tempo debito, finisce nelle grinfie di una fattucchiera, che le promette un incontro fatale con uno sconosciuto alto e bruno con cui condividere gli ultimi palpiti, o l’illusione di una prossima vita. Se possibile, altrettanto male assortito è il matrimonio dell’unica figlia, candidata perfetta alle nevrosi urbane, in lotta perenne con le bollette e con i troppi sogni nel cassetto, e inevitabilmente innamorata del principale, fascinoso gallerista dalla vita coniugale inquieta. Roy, il marito, dopo aver messo nel cassetto la laurea in medicina, scrive e riscrive lo stesso romanzetto, cercando vanamente di ritrovare l’ispirazione del suo primo ed unico libro di successo, mentre una bella vicina lo distrae suonando la chitarra alla finestra.
Dopo la citazione machbetiana, che da sempre sintetizza perfettamente l’idea della vita come inutile balletto, Woody Allen ci presenta i suoi personaggi, prendendosi tutto il tempo necessario per renderceli familiari e costruendo a poco a poco un intreccio dagli sviluppi volutamente prevedibili, in un film venato di malinconia e di amarezza, che sembra essersi lasciato alle spalle la deliziosa leggerezza delle ultime commedie. Alla fine tutte le illusioni si infrangono, i desideri rimangono inesauditi e le piccole rivoluzioni mostrano il loro risvolto tragicomico (il volto di Josh Brolin, mentre si allontana dal letto dell’ospedale dove è ricoverato l’amico, non potrebbe essere più eloquente) o spesso penoso (Anthony Hopkins, ammaccato e deluso come non mai), mentre la felicità assume i contorni grotteschi di un dialogo sulle vite precedenti.
Al contrario di quanto accadeva in ‘Match Point’, dove il tempo e il caso giungevano sempre al momento più opportuno per salvare lo scapestrato Chris Wilton, in ‘Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni’ tutti sbandano e cadono, sbagliando di continuo tempi e modi (quando Alfie chiede a Helena di ricostruire il loro matrimonio, questa ha appena conosciuto lo sconosciuto dei suoi sogni, che di lì a poco le preferirà la moglie defunta) e strabordando da un presente rispetto a cui appaiono perennemente fuori fase (l’ossessione giovanilistica di Alfie o l’improbabile incarnazione di Helena nella pulzella d’Orléans). Se il ritmo è scorrevole, ma mai incalzante, i dialoghi come sempre accurati, ma meno graffianti del solito, anche i sorrisi assumono ben presto una piega amarognola, in un film che racconta l’attesa e il bisogno vano e disperato, ma anche terribilmente banale, di illusioni (tutti incontreremo ‘uno sconosciuto alto e bruno’, dice Roy, irritato dai vaneggiamenti di Helena). Poi ogni cosa si interrompe, senza soluzioni a portata di mano e senza potersi permettere neppure un vero finale, ma soltanto una temporanea sospensione. Appena prima che tutto precipiti.