Un signore del cinema, sensibile, vivace e molto versatile, Monsieur Leconte in oltre 30 anni di carriera ha realizzato film brillanti ma anche molto cupi, esplorando con occhio sempre nuovo i sentimenti, le paure e spesso la difficoltà di comunicare. Al TaorminaFilmFest in qualità di presidente della Giuria Internazionale ha incontrato giornalisti e studenti per una mastreclass durante la quale ha raccontato il mestiere di regista dal suo punto di vista
A proposito del cinema troppo spesso consumato attraverso supporti tecnologici che hanno schermi sempre più piccoli ha subito sottolineato quanto la visione di un film sia piuttosto un atto collettivo, e, quando gli si chiede perché ami tanto questo mestiere risponde: « Prendo spunto da una risposta che uno dei miei registi preferiti, Wim Wenders, diede ad un giornalista a Cannes: “Faccio film per migliorare il mondo.” È una risposta certamente ambiziosa, ma in parte è sicuramente vero. Dopo aver visto La ragazza sul ponte un mio caro amico si era molto commosso e mi spiegò che era perché quel film gli aveva fatto capire che forse non dimostrava abbastanza a sua moglie quanto la amava, quindi qualcosa di davvero buono l’avevo fatta.»
Sul suo rapporto col cinema dei colleghi e con l’arte in generale: «Vedo moltissimi film e mi dispiace veramente tanto quando il mio lavoro mi impegna troppo e mi costringe a non poter andare al cinema. È molto importante per un cineasta rimanere in contatto con l’arte, in ogni sua forma, perché il cinema è un po’ un ladro, attinge a tante cose diverse: la pittura, la musica. È un lavoro estremamente appassionante. Quando capita che un mio film non piaccia al pubblico o lo lascia indifferente sono pervaso da un terribile senso di vergogna. Mi vergogno per aver coinvolto tante persone in qualcosa che non è piaciuto agli spettatori. Sento che la colpa è davvero solo mia e non, come molti registi pensano, del pubblico che non ha capito. È una sensazione terribile.»
Parlando dell’aspetto tecnico del mestiere Leconte si rivela scettico nei confronti del montaggio digitale: «Senza dubbio è una rivoluzione, ma personalmente ritengo che non dia a chi lo usa il tempo di riflettere sulle singole inquadrature, sugli sguardi dei personaggi. È sicuramente bello ma troppo veloce. Credo molto nel ruolo del regista nella realizzazione di un film, e di come sia importante comunicare con gli attori. Ricordo un aneddoto raccontatomi da Philippe Noiret che aveva avuto occasione di lavorare con Alfred Hitchcock in Topaz; il primo giorno di riprese andò incontro al famoso regista inglese che non aveva mai incontrato fino a quel momento e gli chiese che cosa voleva che lui facesse e Hitchcock gli rispose “Quello è il set, quello è il direttore della fotografia mentre quella donna laggiù è la truccatrice. Lei signor Noiret è un attore, cerchi di fare il suo mestiere il meglio che le riesce.” Personalmente non sono proprio d’accordo: girare un film è anche un atto di condivisione, e di gioia collettiva. Citando Françoise Truffaut “I film sono dei treni che sprofondano nella notte, un film è un treno che buca la notte e che deve arrivare alla stazione”.»
Anche rispetto alla tecnologia del 3D Leconte si riconferma un tradizionalista: «Attualmente sto lavorando ad un lungometraggio d’animazione che si intitola Le magasine des suicides (La bottega dei suicidi) che però non sarà in 3D. Io sono un fumettista e un disegnatore quindi legato alla bidimensionalità del disegno. Vorrei dare l’idea dei libri pop-up, che quando li apri la pagina si alza come per creare una scenografia.»
Tra i momenti più emozionanti della sua carriera ricorda il successo della prima proiezione de L’uomo del Treno, al Festival del Cinema di Venezia e improvvise lacrime di Johnny Hallyday: «Durante tutta la lavorazione del film mi ero sforzato di dimenticarmi che avevo a che fare con una rockstar, poi quando l’ho visto piangere di fronte agli applausi del pubblico gli ho ricordato che lui essendo un grande artista aveva sicuramente già ricevuto milioni di applausi sul palco e lui mi rispose: “Questo è il giorno più bello della mia vita Patrice, non ero mai stato applaudito e apprezzato come attore, è molto diverso!”»
L’universo femminile nelle sue molteplici e intriganti sfaccettature da sempre al centro del cinema di Leconte: «Mi piace plasmare le mie attrici, modificarle, tagliarli i capelli, giocare con il trucco. Adoro le donne, amo il loro fascino e la loro bellezza e. Probabilmente suonerà molto maschilista ma mi piace girare con delle belle attrici. Il mistero femminile mi ha sempre affascinato, gli uomini non sono misteriosi, al massimo sono goffi (ride).»