John Barry prima di Bond; ovvero, le idee di uno dei più grandi compositori di musica per il cinema prima di escogitare una formula che, nel bene e nel male, sarà un po’ il suo vampiro ontologico e che sigillerà le intuizioni di un genere affrontato per contaminazione, deterritorializzazione, spostamento e reinvenzione dei volumi orchestrali in una forma capace di accogliere Jazz popolare, nuove sonorità Pop, e un modo di affrontare lo scoring di un film secondo traiettorie anti narrative, privilegiando una certa idea di spleen sonoro invece di lavorare su nuclei tematici destinati ad uno sviluppo drammatico tradizionale.
E’ un Barry in pillole quello che sintetizziamo in questa sede, e che in fondo ritroviamo tutto nella sua formazione, sin dall’apprendistato Jazz con Bill Russo e Stan kenton fino al tentativo di coniugare la sua passione per il cinema con il lato più ludico di questo percorso, culminato alla fine degli anni ’50 con i suoi Barry Seven e con il lavoro di arrangiatore per Adam Faith, attore inglese che sino ad allora aveva lavorato prevalentemente per produzioni televisive.
Faith viene scritturato da George Willloughby, produttore che aveva già collaborato con registi come Mark Robson e Terence Young, dopo che lo stesso Willoughby aveva visto le performance di Faith ogni sabato alla BBC, per un film che sarebbe stato diretto da un veterano “minore” del Noir Inglese, Edmond T. Gréville (Brief Ecstasy, Noose, per citare alcuni dei suoi titoli) e fotografato dal grande Walter Lassally, connessione molto precisa con tutto il lato “Free” del cinema Inglese e che conferirà a questo teen exploitation un’aura oscura, dalla flagranza documentaristica e dalla reputazione lurida, a causa di alcune sequenze di torrido strip girate nei locali di Soho e che gli garantiranno una X censoria da parte del British Censorship.
Interpretato da una quasi esordiente Gillian Hills, battezzata in una parte marginale solamente un anno prima (1959) da Roger Vadim nella sua versione de Les liaisons dangereuses con Brigitte Bardot, e recuperata quasi sei anni dopo da Michelangelo Antonioni nella scena orgiastica e Swinging di Blow Up nello studio fotografico di Hemmings in triangolo con la Birkin, il film vede Faith in una parte centrale, cosa che permette ai produttori di affidargli il tema principale, e per Faith stesso, occasione per tirare dentro al progetto il suo arrangiatore, John Barry, come compositore dell’intera colonna sonora.
E’ l’inizio, quasi del tutto casuale per il compositore inglese, che scriverà la colonna sonora per Beat Girl in tempo record, sotto pressione e negli hotel dove alloggiava durante le tournee con i suoi Barry Seven. Barry mette insieme tutta la sua cultura, la cuce addosso all’anima Rock Exploitation del film e sin dal tema che apre i titoli di testa spara una cartuccia potentissima che mette in bella vista la chitarra di Vic Flick, uno dei Seven che di li a poco avrebbe prestato le sue dita per il riff del Bond Theme; il brano ha una forma sicuramente ancora acerba, ma proprio per questa sua pendenza verso un’anima maggiormente rock, rappresenta un genoma di idee davvero notevoli e originali, che Barry avrebbe affinato negli anni successivi nella musica per film come Ipcress e Quiller Memorandum.
È da qui che il nostro comincia a utilizzare il piano, i fiati e la parte meno tradizionale dell’orchestra in forma tensiva e infinita, giocando sullo spazio e sui timbri e acquisendo in modo del tutto personale la lezione di Elmer Bernstein; basta ascoltare tracce come Car Chase, oppure la bellissima The city 2000 a.d; brani che oltre ad anticipare uno stile propriamente Barryano, apriranno vie nuove anche per compositori come Laurie Johnson.
El records (una divisione di Cherry Red) stampa per la prima volta in CD la colonna sonora di Beat Girl in una ricca edizione che oltre a comprendere lo score completo, costituito da diciotto tracce, ne include altrettante tra brani interpretati da Gillian Hills nella sua carriera apolide tra la francia e l’inghilterra, tracce prelevate dal repertorio dei Barry Seven e cinque brani prelevati dal repertorio di Adam Faith; un quadro storico esaustivo che tra i Cha cha Cha francofoni della Gilliam, il twangy pop dei Seven e il Rock sotto controllo di Faith, fanno di questo CD un documento completo e selvaggio della nascente Swinging London.
John Barry e Beat Girl su èl records (Cherry Red)