Ispirato al romanzo per l’infanzia della nota scrittrice giapponese Eiko Kadono, Kiki – Consegne a domicilio rappresenta uno dei titoli più significativi, e meno noti, dell’opera del maestro d’animazione Hayao Miyazaki. Il film, del 1989, è successivo a Il mio vicino Totoro, ovvero l’opera-chiave del regista giapponese. Forte del successo inaspettato del merchandising del film – ovvero il pupazzo di Totoro, realizzato in relazione all’uscita del film nelle sale -, Miyazaki decide di cimentarsi nuovamente con l’universo fantastico della letteratura per ragazzi. Ne nasce un’opera solo apparentemente semplice e lineare, che piuttosto nasconde, sotto una veste spettacolare e delicata, un profondo messaggio umano.
Kiki – Consegne a domicilio conferma la predilezione di Miyazaki per protagoniste femminili – così come fu per Nausicaa e Sastuki, e come sarà per quasi tutti i film successivi -, focalizzando l’attenzione sul delicato passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Un cambiamento che corrisponde, per Miyazaki, all’assunzione delle responsabilità e dell’indipendenza nei confronti della famiglia: un tema “caldo” nel Giappone degli anni Ottanta, perché corrispondente ad una profonda mutazione sociale, relativa all’emancipazione della donna. Il tutto, ovviamente, tradotto con il tocco fantastico e poetico del maestro dell’anime giapponese.
Kiki è una giovane strega di tredici anni che, come da tradizione, deve passare un anno lontano dalla famiglia, a dimostrazione della propria indipendenza. Parte così una notte, assieme al gatto nero Jiji, a bordo della scopa regalatale dalla madre. Giunge nell’immaginifica Koriko – una città portuale, summa ideale dell’immaginario europeo di Miyazaki. Dopo alcune iniziali difficoltà, la ragazza riesce a farsi assumere presso una panetteria gestita dalla materna Osono, con il compito di svolgere un’attività di consegne a domicilio, ciò grazie alla sua abilità di volare. Ma dovrà affrontare altre difficoltà, prima tra tutte quella di credere maggiormente in se stessa, prima di dimostrare la propria maturità.
Fin da subito, Miyazaki depura il film da una concezione negativa (e occidentale) della figura della strega, inserendola nella quotidianità della vita comune. Le streghe, con le loro magie – che il regista tende a non spettacolarizzare -, aiutano il prossimo, lavorano, e vivono una vita come tutti gli altri. Kiki stessa è ritratta da Miyazaki non tanto nella sua veste di strega, quanto come una ragazza qualunque, che deve imparare a badare a sé, e a conoscere le proprie capacità. Il suo viaggio di formazione non comprende esclusivamente il lavoro – che Kiki riesce a risolvere con dedizione, ma anche con grande tempestività -, ma anche il versante affettivo. La ragazza evita, infatti, il giovane Tombo, attratto da lei, perché insicura. Sarà quello, l’ultimo scoglio che dovrà superare per riuscire a realizzarsi completamente.
Kiki – Consegne a domicilio è intriso delle ossessioni del regista giapponese. Prima tra tutte, la passione per il volo e per i velivoli: non solo i poetici ed entusiasmanti viaggi di Kiki sulla sua scopa magica – affrontati, comunque, con un grande senso della verosimiglianza -, ma anche quella passione per il volo che Miyazaki “trasferisce” nel giovane Tombo. E non si può non intravedere un tocco autobiografico anche nella solitaria Ursula, una diciottenne che vive isolata in un bosco ai confini di Koriko, appassionata di pittura, che spiegherà a Kiki la necessità, per ognuno di noi, di inseguire, senza mai demordere, quel dono che gli è stato affidato.