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Killer in viaggio di Ben Wheatley

Il cinema di Ben Wheatley si è sempre bilanciato tra black humour e la scelta di tinte più forti; mentre il precedente Kill list tra i suoi film era quello che si avvicinava maggiormente dalle parti della tradizione horror britannica degli anni ’70 in un contesto rivisitato, Sigthseers colloca quegli elementi come una deviazione beffarda e visionaria rispetto al percorso principale, tracciato da un divertente travelogue di situazioni. I killer del nuovo film di Wheatley sembrano seguire le tracce del Malick di Badlands rivisto in versione proletaria e triviale, con un approccio meno poetico e più demente, scatologico, autistico. Chris (Steve Oram) e Tina (Alice Lowe) si lasciano dietro la madre semi-invalida della seconda per affrontare un tour dell’inghilterra a bordo di un camper; il viaggio sembra avere lo scopo di recuperare le radici incontaminate di una “Britishness” perduta, tra paesaggi naturali e zone rurali. Nonostante Tina e Chris abbiano superato la trentina, Wheatley li ritrae come degli adolescenti, a partire dalle brevi sequenze iniziali che raccontano il rapporto di Tina con la madre. Lo spazio dei due amanti ha quindi la forma di quell’esclusività che può diventare sacra solo in base all’allucinazione consensuale della relazione amorosa. In questo senso il film di Wheatley non è cosi grottesco o surreale come vorrebbe farci intendere, ma traccia con spietato acume quello scudo impermeabile che consente a due amanti di immaginarsi una realtà mitologica dove il mondo esterno, nella possibilità che penetri questo guscio, viene annientato con brutale violenza come se fosse un ostacolo alla lettura stessa della realtà. Killer in viaggio non è un film sulla deriva criminale di due disadattati, ma una visione di sorprendente lucidità sulla sociopatia delle relazioni; “non ci importa essere corretti”, dirà Tina a un certo punto, “a noi ci importa solo essere felici”. E la felicità è filmata con una rigorosa giustapposizione di quadri da Wheatley; quando per un caso forzato dal desiderio, Chris travolgerà con le ruote posteriori del Camper un maleducato turista che poco prima aveva lordato un ambiente contaminato gettando a terra la carta di un cono gelato, quello che per la coppia, che mente a se stessa, è solo un fastidioso e imprevisto incidente, rimane attaccato alle ruote del camper macchiate di sangue anche quando i due, subito dopo, scoperanno furiosamente. È solo uno dei deturnamenti che senza una marcatura visibile, consentiranno all’orrore di diventare parte della commedia e delle mutazioni umorali della coppia. Wheatley si serve anche di alcuni inserti rituali, vicini all’immaginario esoterico di Kill list, quasi a suggerire una relazione stretta tra le forze oscure della natura e l’abisso di Tina, tra i due l’unica che in fondo si sottrae ad una logica morale, seppur interna alla coppia, per giustificare l’omicidio, preferendo invece seguire una visione caotica della realtà. Quando si tratterà di preservare questo spazio difeso come sacro oltre la morte, Tina, con un gesto che Wheatley filma con straordinaria asciuttezza, svelerà il volto più comune di tutte le relazioni, togliendosi la maschera di una menzogna condivisa.

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