Esce in questi giorni nelle sale Italiane l’ultimo film di Carlo Mazzacurati presentato a Venezia 67, La passione (recensito da questa parte su IE / Straneillusioni da Alfonso Mastrantonio). Caterina Liverani ha partecipato per Indie-eye Network ai due incontri organizzati da Odeon Firenze martedi scorso per stampa e pubblico, con la presenza in sala di Carlo Mazzacurati, Silvio Orlando, Cristiana Capotondi
Una domanda per Carlo Mazzacurati e Silvio Orlando: come avete vissuto l’esperienza della ormai trascorsa Mostra del Cinema di Venezia nella quale il film è stato presentato in concorso?
Silvio Orlando: Ottima e abbondante! A Venezia è tutto amplificato sia in positivo che in negativo. Non è facile presentare una commedia ad un festival, ma questo è un film pensato davvero per il pubblico e le reazioni mi sono sembrate molto positive. Qualcuno ha addirittura parlato di “nuova commedia all’italiana”. La mia paura più grande? Che volessero indietro la Coppa Volpi (ride)!
Carlo Mazzacurati: Venezia è anche polemica e per uno che porta un film in concorso è difficile erigersi a paladino. Ho parlato a lungo con Gabriele Salvatores, che ha fatto parte della giuria presieduta da Tarantino, della difficoltà per i film italiani di comunicare al pubblico straniero. La mia personale opinione rispetto al film insignito del Leone d’oro (N.D.A. Somewhere, di Sofia Coppola qui la nostra recensione) è che non sia stato scelto il più giusto, ma non ci vedo grosse polemiche.
In questo film sono presenti molti attori che vengono dal teatro, è sempre garanzia di una eccellente interpretazione?
Carlo Mazzacurati: Il teatro è una garanzia, anche se credo ci siano buoni attori che non hanno necessariamente quel background; per affidare un ruolo io di solito mi fido del mio istinto e non del curriculum di un attore.
È vero che l’episodio raccontato è una tua esperienza autobiografica?
Carlo Mazzacurati: Io ho un brutto difetto: sono incapace di dire di no, quindi anni fa accettai di dirigere una Passione con esiti tragicomici. È ovvio poi che la paura di essere smascherato e soprattutto di non essere all’altezza che ha il personaggio interpretato da Silvio sono delle componenti molto forti nell’animo di quelli che fanno il mio lavoro.
Nel film si parla di attori che hanno un grosso successo in televisione.
È vero, ma non c’è l’intento di snobbare o di prendere le distanze. Fa semplicemente parte della trama e in particolare del personaggio interpretato da Cristiana Capotondi.
Silvio Orlando, dopo il produttore de Il Caimano vesti nuovamente i panni di un addetto ai lavori, questa volta di un regista senza ispirazione. Quali le differenze tre i due ruoli?
Silvio Orlando: Del mio personaggio ne Il Caimano si sapevano molte cose anche del suo privato: il rapporto con la moglie e i figli per esempio. Di Gianni Dubois non sappiamo molto, forse non ha una gran vita privata e in generale ha una struttura psicologica meno definita.
Carlo Mazzacurati: Nel raccontare Dubois non volevo insistere troppo sul suo aspetto pessimista. Trovo anzi una grande positività nel fatto che lui ricominci a scrivere; il suo incontro con Caterina (Kasia Smutniak) dimostra poi quanto nel nostro mestiere la vita sia fonte di ispirazione. In fondo la vicenda della Passione di Cristo si conclude con una resurrezione, ed è questo che mi interessava raccontare, una resurrezione; nella vita si muore e si rinasce di continuo, dopo la fine di un amore o la perdita di un lavoro c’è una forza che ti riporta su.
È interessante la battuta che Dubois-Orlando fa a Gesù-Battiston: Se Gesù fosse nato oggi sarebbe grasso.
Carlo Mazzacurati: Forse è la prima vera direzione di regia che lui da in tutto il film e che lo fa riappropriare del suo ruolo in un certo senso. Per quanto riguarda l’obesità, è un male che affligge la società molto più di prima e sempre più spesso riguarda le fasce di popolazione più povere come accade negli Usa.
La scelta di ambientare la storia in Toscana:
Carlo Mazzacurati: Non potevo ambientare questa storia altrove, dovevo trovare un paesaggio che fosse iconograficamente simile a quelli degli affreschi che raffigurano la Passione. Conosco bene la Toscana perché vi trascorro gran parte dell’anno non troppo distante da dove è stato girato il film, poi mia madre è toscana. Ricordo le mie vacanze a Pisa l’estate da ragazzino, col mio forte accento veneto ero una vera e propria attrazione.
Cristiana Capotondi: Nel periodo nel quale ho lavorato al film ho realizzato un sogno che avevo fin da bambina: ho acquistato una casa in Toscana, a San Casciano dei Bagni e ne sono entusiasta!
Carlo Mazzacurati, qual è il tuo rapporto con la Passione?
Io sono ateo quindi non lo carico di significati spirituali, da bambino mi annoiavo terribilmente a camminare e la sentivo estranea alla mia emotività. L’aspetto che più affascina però è che è una storia universale di morte e rinascita, e la chiave di lettura usata nel film credo sia una novità.
Silvio Orlando, cosa ti ha colpito di questa sceneggiatura?
Prima di rispondere devo dire che sono rapito dalla bellezza di questa sala cinematografica che mi fa pensare all’arte del fare delle cose belle e alle difficoltà in Italia di realizzarle. Il senso del film in fondo è questo; una storia che fa sì ridere ma anche commuovere molto. Sarei stato uno scemo a rifiutarlo (ride). Mi ha incuriosito il talento del mio personaggio e ho voluto provare a raccontarlo.
Cristiana Capotondi, parlaci del tuo personaggio:
Si può dire che Flaminia nella scena in cui Gianni le racconta la trama che ha improvvisato per lei viene sedotta e abbandonata (ride). Ci sono molti infantilismi nel mondo dello spettacolo, specialmente fra i miei coetanei. La mia carriera è cominciata quando ero una bambina e mi sono quindi abituata presto all’impegno e al lavoro che questa vita comporta. Il mio personaggio e quello di Silvio sono sicuramente in contrasto: lei è un’attrice che sta avendo un grosso successo televisivo, mentre lui è un regista che in passato è stato molto apprezzato ma che da 5 anni non fa un film.
Marco Messeri tu avevi già lavorato con Mazzacurati, come è andata questa volta?
Carlo non può fare a meno di me (ride)! In questo film sono un po’ uno sbruffone, potrei dire che insieme a Stefania Sandrelli siamo il gatto e la volpe, tranne nella scena in cui facciamo l’amore in cui diventiamo due cinghiali.
Mazzacurati, perché Silvio e non un altro attore per il tuo protagonista?
Silvio è un attore con più registri che riesce a caratterizzare i ruoli comici e quelli drammatici in modo molto personale. Lavorare con lui è un po’ come suonare un pianoforte.
Ultimamente si realizzano molti film che raccontano il cinema da dietro le quinte e i processi creativi: Il Caimano e Questioni di cuore in Italia, Il padre dei miei figli in Francia e anche l’ultima Mostra del Cinema ci ha mostrato più di un esempio. Proprio a Venezia, durante una conferenza stampa, Ben Affleck ha affermato che il pubblico americano è molto interessato ai retroscena del cinema, pensi che sia una curiosità anche del pubblico italiano?
Probabilmente l’inaccessibilità e l’inviolabilità del processo artistico e creativo legato al cinema è un po’ caduta, in America come in Italia. Tutti hanno un’opinione su cosa in un film ha funzionato e cosa no e queste opinioni vengono esternate sempre di più, specialmente in Italia dove c’è la tendenza a giudicare spesso e volentieri. Non era la mia intenzione primaria raccontare la genesi di un film ne La Passione, ma piuttosto volevo che emergesse il rapporto tra il credibile e il fasullo che è una danza che dura per tutto il film e che trova la sua esplicazione nel finale.
Da La giusta distanza sono passati 3 anni.
La Passione è stata una sceneggiatura che ha richiesto una lunga lavorazione; non è un momento facile per fare film, specialmente commedie. Quando ti accosti al comico dei avere il coraggio dell’idiozia.