Titolo geniale per l’ultimo volume firmato dal critico de «L’Unità» Ugo Casiraghi (1921-2006), uscito postumo per i tipi di Lindau con la puntuale, affettuosa curatela di Lorenzo Pellizzari. Ciò che colpisce, in Naziskino, è prima di tutto la vicenda editoriale, annosa e sofferta.
L’idea di imbastire un volume sul cinema tedesco dei tempi di Goebbels, periodo molto spesso saltato a piè pari dalla storia della settima arte o al massimo tratteggiato con due pennellate distratte (Leni Riefenstahl, Veit Harlan e Fritz Hippler quando va bene), è quel che si dice necessaria. Casiraghi non ha fatto in tempo a realizzarla al cento per cento, anche per via della riluttanza di alcuni editori, e quel che abbiamo ora sotto mano è più che altro un’antologia di appunti sul cinema tedesco – locale ed esule – che dipana oltre la matassa “da Caligari a Hitler” tessuta a suo tempo da Siegfried Kracauer.
Solo che Casiraghi, da bravo storico innamorato dei quotidiani, evita la trappola psicologistica e ha dalla sua una straordinaria capacità di sintesi unita a un genio per l’aneddotica. Il volume si articola in sei parti e un’appendice. La prima è Sinfonie dell’orrore (dall’Espressionismo al Technicolor – fino a La maschera di cera, 1933), sicuramente quella più vicina al lavoro di Kracauer, mentre la seconda parla degli esuli della grande emigrazione diretta a Hollywood.
Nella terza sezione Casiraghi affronta un protagonista poco noto, il comico monacense Karl Valentin, re del grottesco e autore, negli anni Trenta, di alcuni film fuori dagli schemi. Valentin, aggiungiamo noi, è il punto di riferimento principe di un altro grande outsider del cinema tedesco, emerso negli anni Settanta: Herbert Achternbusch.
La quarta parte del volume, eponima, è anche quella più corposa. Qua Casiraghi si concentra su vari aspetti del “Naziskino”, arrivando a citare quasi tutti i nomi imprescindibili del dodicennio nero della storia del cinema tedesco. Ai capitoletti di questo libro nel libro avrebbe giovato, in tutta franchezza, un’organizzazione più scrupolosa e un pizzico di approfondimento in più. Seguono il macrocapitolo a cui l’autore teneva maggiormente, Yiddish (ovvero i film indipendenti ebraici degli anni Trenta realizzati in Polonia e negli Stati Uniti ), autentico scrigno di informazioni pressoché sconosciute ai più, e un’intervista a Slatan Dudow che riproduce un articolo del 1955 pubblicato su «Cinema Nuovo».
Dudow, cresciuto alla scuola sovietica degli anni Venti, è l’autore di Kuhle Wampe (1932), unico film concepito, scritto e parzialmente diretto da Brecht nonché di alcuni gioiellini filmici della DDR. Una personalità “fedele alla linea” meritevole, al pari di Valentin, di una riscoperta ragionata.
Il volume reca anche un’appendice sul cinema sovietico dedito al culto della personalità staliniana. Come si evince dal susseguirsi non sempre intuitivo dei capitoli, Naziskino vale prima di tutto come un ultimo saluto a un critico importante e illuminato, attratto da alcune zone ombra della storia del cinema. È questo suo istinto da cacciatore di perle a nobilitare le tante note a margine che vanno a comporre Naziskino.
NAZISKINO, EBREI ED ALTRI ERRANTI DI UGO CASIRAGHI
A CURA DI LORENZO PELLIZZARI
Casa Editrice: Lindau
Anno di Pubblicazione: 2010
Pagine: 288
Prezzo: € 24,00
ISBN: 978-88-7180-873-4