lunedì, Dicembre 23, 2024

Noboru Iguchi alla Rassegna di Cinema Giapponese a Firenze, l’intervista aspettando “Dead Sushi”

Classe 1969, Noboru Iguchi ha una vastissima filmografia all’attivo che parte dai primi anni ’90, dopo una lunga esperienza per case di produzione come la CineMagic e Soft on Demand, specializzate nella realizzazione di video per adulti (AV), nei primi anni del nuovo secolo comincia ad avvicinarsi ad una personale rilettura del cinema horror contaminandolo con la commedia, conosce un mago degli effetti speciali come Yoshihiro Nishimura insieme al quale realizza nel 2008 The Machine Girl, un Gore parossistico e delirante anche nella scelta artigianale degli effetti speciali, in parte debitori di certo cinema anni ottanta tra organico e inorganico, che presenta la prima creatura nella galleria Iguchiana di mutanti tra organico e bionico. Mentre l’amico Nishimura realizza Tokyo Gore Police, nasce un fenomeno come la Sushi Typhoon branca ultra-gore della Nikkatsu che con una furia e un pragmatismo produttivo quasi Cormaniano produce moltissimo, ritaglia e riutilizza brandelli di film e coinvolge per alcuni titoli lo stesso Noboru Iguchi (tra questi Robo-Geisha, Mutant Girl Squad).
Iguchi lavora per accumulo, nei suoi film mette insieme freak show, grand guignol, cinema d’animazione, pornografia, splatter prostetico e innesti CGI tagliati con l’accetta, passando attraverso un tritatutto culturale che sarebbe complesso dettagliare in questa sede e che ci consente di citare, per difetto, una tradizione illusionistica che passa da Nobuhiko Obayashi (House) il gore americano anni ’80 e quell’idea vastissima di artigianato che ci fa pensare allo spirito di William Castle o ai mostri di Noriaki Yuasa.

Noboru Iguchi è in questi giorni ospite della terza Rassegna di Cinema Giapponese a Firenze, in particolare, stasera presenterà al pubblico Fiorentino presso il cinema Odeon alle ore 23:00 il suo recentissimo Dead Sushi, variante giapponese sui titoli dedicati agli oggetti killer inanimati (pomodori, preservativi…) realizzato con un approccio lievemente meno gore del solito, una maggiore vicinanza con la commedia demenziale, e un’interessante forza politica.
Abbiamo incontrato Noboru Iguchi ieri, 23 maggio 2013, presso i locali di Odeon Bistrot, per una lunga conversazione sul suo cinema; persona gentilissima e disponibile, Iguchi ci ha raccontato alcune cose molto interessanti su un tipo di cinema che porta avanti con coerenza e passione, la conversazione è stata possibile grazie al supporto linguistico di Gianluca Daiichiro Rossi, che ringraziamo.

 

Prima di chiederle alcune cose sulla lavorazione di Dead Sushi, mi interessava approfondire il ruolo del cibo nel suo cinema; molte delle trasformazioni e delle mutazioni che si vedono nei suoi film hanno un origine alimentare, per esempio in Zombie Ass  il parassita che da origine alle mutazioni a catena è un verme che si trova dentro ad un pesce,  oppure penso al cibo che entra nell’azione stessa del film come per esempio in molte sequenze di Mutant Girl Squad, per esempio la testa del padre di Rin che cade al centro di una torta dopo esser stata mozzata, oppure durante una lotta contro i mutanti, quando una ragazza sotto i colpi incessanti della stessa Rin diventa una Baguette di carne….

Prima di tutto posso dirti che personalmente amo molto il cibo.
Il cibo è certamente un aspetto fondamentale della cultura giapponese, i Giapponesi lo adorano ma quando mangiano non riescono a comunicarlo correttamente e ad esprimere in modo esplicito questo apprezzamento.  Non riuscendo ad esprimere il piacere legato al cibo, vengono a crearsi delle particolari situazioni di contrasto che a me piace mostrare ed evidenziare.
Mi piace in particolar modo filmare le persone nell’atto di nutrirsi, in molti dei miei film inserisco sequenze di questo tipo, un aspetto che ho sempre cercato di evidenziare in tutto il mio cinema anche solo con alcune sequenze, arrivando appunto fino a Dead Sushi che è interamente dedicato al cibo.
In particolare mi piace vedere l’espressione facciale delle persone durante il momento del nutrimento, è per me interessante  sia il rapporto tra il cibarsi e il piacere rappresentato, ma anche tutti gli aspetti del nutrimento considerati dal punto di vista del cibo stesso che alimentando l’essere umano, contribuisce a diventare parte di quel corpo e a vivere dentro di esso con una vita propria.

In questo senso Dead Sushi porta alle estreme conseguenze alcune sue idee sulla mutazione e sulla vita degli organismi parassitari, aspetto presente fin da film come A Larva to love

Partendo dal presupposto che le ragazze giapponesi amano molto curare il loro aspetto, ci tengono al modo di apparire e ad essere sempre perfette e carine, quando devono mangiare sono sempre molto rigide e inespressive, quindi la donna che si cura in modo estremo e che poi non dimostra la sua interiorità per me è un elemento e uno stimolo di natura erotica molto forte, una cosa che ispira molto il mio immaginario.
Il fatto che il cibo possa essere considerato come un parassita che modifica la sua struttura, esplicita su un piano diverso questa relazione erotica tra donna e cibo di cui parlavo.  Mi interessa molto in questo senso questa forma di feticismo, creata da questa relazione, rispetto invece ad un approccio erotico che sia più esplicito dal punto di vista dell’immagine; questo è un elemento che porto dentro il mio cinema più di altri aspetti tipici che si potrebbero desumere dalla tradizione horror.

Una curiosità, il breve teaser introduttivo della Sushi Typhoon è costituito da pochi secondi di un pezzo di Sushi che esplode, l’idea di Dead Sushi è in un certo qual modo partita dalla comunicazione grafica ideata per la nota divisione gore della Nikkatsu?

Non c’è nessuna relazione tra Dead Sushi e la Sushi Typhoon, sia da un punto di vista produttivo e distributivo sia per quanto riguarda l’idea originaria del film;  quando ho collaborato con Sushi Typhoon quel promo già esisteva e so che è stato ideato insieme a  Miike Takashi, ma non ne conosco tutti i dettagli, si tratta quindi di una coincidenza.

 

Quindi  come è nata l’idea di Dead Sushi?

Prima di tutto è stato un processo nato per poter portare il mio cinema in modo più comprensibile ai festival internazionali, e che ci ha spinto a basarci su un aspetto della cultura giapponese internazionalmente conosciuto come quello del mondo che gira intorno al Sushi.
Mi è poi stata posta una condizione dalla produzione, legata al coinvolgimento di Rina Takeda come protagonista del film.
Seconda condizione era quella di realizzare una sorta di action movie bizzarro e mai realizzato, soprattutto per la presentazione sui mercati internazionali. Ho quindi pensato ad alcuni film statunitensi come per esempio L’attacco dei Pomodori assassini oppure Killer Condom, il film prodotto dalla Troma.
Mancava un film gore basato sul cibo di tradizione giapponese e la scelta è caduta ovviamente sul Sushi.
Un altro elemento sul quale ho puntato è legato anche alla professione di Rina Takeda che oltre ad essere un attrice è anche cintura nera di Karate, questo per me poteva introdurre alcuni elementi di sviluppo interessanti e divertenti basati sul combattimento tra esseri umani e questi Sushi mutanti che mentre magari si prendono un calcio ben assestato rispondono mordendo l’avversario.

In Dead Sushi a un certo punto c’è una sequenza dove Yumi Hanamaki il personaggio interpretato da Asami, tradisce il marito con il Cuoco della casa del Sushi, nella scena i due si baciano passandosi in bocca il tuorlo di un uovo crudo, sembra un omaggio ad un grande regista di commedie come Juzo Itami e a uno dei suoi film più famosi, Tampopo

Mi piace molto Tampopo e ho sempre avuto il desiderio di rifare quella sequenza, mi fa molto piacere tu abbia colto la citazione,  come sai il film si basa interamente sul cibo e dal mio punto di vista, per quanto riguarda la sequenza dell’uovo, volevo farne una versione moderna. Il film è più conosciuto all’estero, quindi in Giappone sono pochi quelli che effettivamente riescono a cogliere quel frammento.

L’ago della bilancia di Dead Sushi è maggiormente spostato sulla commedia che non sul Gore…

Lo stesso Shigeru Matsuzaki (n.d.r. attore in Dead Sushi) insieme alla casa di produzione hanno spinto affinchè il film fosse maggiormente bilanciato sui toni della commedia. Per questo film sono inoltre stato molto influenzato da certi Disaster Movie giapponesi degli anni ’70, ma cercando di puntare soprattutto sulla relazione umana.

Mi sembra che Dead sushi sia il suo film più politico, la prima cosa che mi viene in mente è relativa per esempio ad alcuni aspetti che riguardano la preparazione e il consumo stesso di sushi come un discrimine che determina gradi diversi di appartenenza sociale….

Ti ringrazio molto, per questa osservazione,  buona parte delle critiche che arrivano dal Giappone considerano e definiscono i miei film come assolutamente stupidi, mi fa piacere che qualcuno colga anche altri aspetti. Per quanto riguarda l’aspetto sociale che rilevi, è assolutamente vero, nella società giapponese il Sushi è un alimento che ad alcuni livelli può essere consumato solamente da un’elite, mentre per altre persone è abitudine mangiarlo al Kaiten-zushi; sempre In base a questo discrimine sociale alcune persone riescono a permettersi di mangiare il Sushi solamente durante alcune festività o per situazioni o cerimonie uniche. È un contrasto che mi interessa molto e che ho evidenziato nel film attraverso gli strumenti dell’umorismo nero. C’è un altro aspetto che è legato alla preparazione del sushi, come accennavi nella domanda e si riferisce al fatto che questa è quasi un’esclusiva maschile, sono pochissime le donne che possono preparare il Sushi in Giappone, ed  è una cosa molto radicata della società Giapponese che non tenderà a cambiare. Sembra che il Sushi fatto dalle donne non sia uguale a quello fatto dagli uomini per un fattore legato alla temperatura corporea che è differente tra uomo e donna. La questione della preparazione e della lavorazione del riso con le mani ha bisogno di una temperatura specifica che solo gli uomini riescono a raggiungere

 Quanto Dead Sushi è stato influenzato, quando lei lo ha girato, dai fatti di Fukushima del 2011? Il suo cinema è cambiato dopo quegli stessi eventi?

Nel marzo 2011 stavo girando Zombie Ass e la produzione, per tutta una serie di incidenti collaterali, ha rischiato di fermarsi. Nonostante queste difficoltà abbiamo continuato a lavorare. Mentre giravamo ho sentito la difficoltà del momento anche sotto forma di contrasto, in fondo stavamo realizzando un film ludico e disimpegnato in un momento molto tragico per il Giappone. Allo stesso tempo ho compreso che film come i miei, per certi versi più distensivi, possono essere necessari in periodi di crisi così forti. Sono stati girati molti film dedicati agli eventi del Marzo 2011, tutt’ora sono in produzione, una delle domande più frequenti è se questi film possano davvero riuscire a cambiare la coscienza collettiva Giapponese, in questo senso ho puntato allora su elementi in grado di creare forza, vigore, voglia di vivere senza trattare direttamente questi aspetti ma disseminando elementi nascosti di riflessione all’interno dei miei film, che si riferissero alle conseguenze di quei fatti. F For Fart per esempio, l’episodio che ho diretto per il film collettivo The ABCs of Death, è una metafora della catastrofe nucleare (N.D.R. F for Fart è un’excursus iperreale e pop su un gruppo di ragazze che emanano gas radioattivo attraverso le naturali vie anali) ovvero il massimo di realismo che mi posso consentire, più di questo non sarei riuscito a fare, preferisco inserire appunto elementi di riflessione in un contesto che non sia realista. In Dead Sushi l’elemento di riflessione è in realtà maggiormente legato alla relazione uomo donna.

A questo proposito, nei suoi film i personaggi femminili hanno un ruolo duplice, da un certo punto di vista c’è un interesse ludico, erotico e divertente nei confronti del corpo dall’altra i personaggi più forti sono proprio quelli femminili…

Credo sia una diretta traduzione del rapporto tra uomo e donna in Giappone, l’uomo è per certi versi più passivo e chi decide realmente è la donna soprattutto in termini affettivi e sentimentali, anche se l’uomo vorrebbe sottometterla. Nei miei film cerco di mantenere quella che è la dinamica reale delle relazioni, giocando su questi aspetti ed esplicitando la forza maggiore dell’elemento femminile.

Durante gli esordi della sua carriera, lei ha girato molti film per il circuito dei video per adulti, come moltissimi altri registi in Giappone, dove la tradizione degli adult video è produttivamente molto florida. Quanto di quella esperienza è rimasto nel suo cinema di oggi?  secondo me i suoi film mantengono ancora un bellissimo spirito hardcore….

Quella degli adult video è stata per me un’esperienza bellissima che non dimenticherò mai e che porterò sempre con me,  quando lavoravo a quelle produzioni non ho mai scelto ragazze bellissime, formose, ne ho mai pensato di mostrarle come perfette, perché dal mio punto di vista sarebbe stato un approccio visivo foriero di una forte differenziazione sociale, questo per dirti che anche quando ho lavorato con ragazze più prestanti ho sempre cercato di filmarle partendo da aspetti comuni, evidenziando la normalità dei loro corpi. Questo approccio è lo stesso che porto avanti nei film che realizzo oggi, semplicemente cambiando contesto.

Per le musiche dei suoi film lavora quasi sempre e da molto tempo con Yasuhiko Fukuda può raccontarci qualcosa di questa collaborazione?

Conosco Fukuda da molto tempo, quando era tastierista per alcune band (You, Quyz) non ci conoscevamo ancora ma lui amava i miei film; attraverso un amico comune abbiamo stabilito un primo contatto, io cercavo qualcuno che avesse la cultura necessaria per lavorare sulla musica di ispirazione anni ’70. È un musicista molto capace, riesce a creare un mood, un tema a comando, se gli dico “voglio un suono alla John Carpenter“, lui all’istante riesce a ricreare quell’atmosfera. Tra l’altro, in Dead Sushi, è Fukuda che presta la sua voce al sushi fatto con la frittata.

Lei ha collaborato più volte con un altro regista legato alla nuova ondata gore giapponese come Yoshihiro Nishimura, che prima di essere un regista è stato ed è ancora un mago degli effetti speciali. Come lavorate sui progetti condivisi?

Quello con Nishimura è un rapporto che dura da molto, sin da quando ero ancora nel circuito indipendente, siamo quasi coetanei, per questo condividiamo la passione per l’horror anni ’70 e anni ’80 e per tutto quel cinema che usava gli effetti speciali in modo artigianale, mantenendone visibili gli aspetti più crudi. Abbiamo mantenuto questa linea insieme e anche nei film che realizziamo autonomamente. Tra di noi non c’è mai stato un vero e proprio dialogo, tutto si basava sull’intuito, mentre lavoravamo non ci dicevamo niente, tranne alcune parole rivelatrici, che servivano a spingere l’ispirazione in una particolare direzione, ci siamo sempre capiti al volo.

Trovo molto interessanti gli effetti speciali dei suoi film perchè mi sembrano una via di mezzo tra l’artigianato prostetico degli horror anni ’80 e un utilizzo selvaggio, imperfetto ma assolutamente vivo del digitale…

Il realismo negli effetti digitali appartiene a Hollywood, un mondo che mi è estraneo, sarebbe inutile se io seguissi quelle tracce, preferisco un approccio assolutamente personale nell’uso degli effetti digitali. Tranne rare eccezioni in cui le scene sono completamente realizzate in CGI, parto sempre da una concezione analogica, per esempio in alcune sequenze dove il Sushi prende vita, il processo è assolutamente artigianale e la post produzione digitale si limita semplicemente a nascondere i fili che li muovono.

Quanto il suo cinema  è influenzato dai video musicali ? molti dei suoi film cominciano come se fossero dei trailer o dei veri e propri videoclip, concentrando nei primi minuti una sintesi visiva di quello che vedremo. Allo stesso tempo c’è molta attenzione per la coreografia delle azioni…

Se penso ai videoclip penso a quelli della mia generazione, come Thriller di Michael Jackson, video che mi hanno certamente influenzato, ma non credo che i primi minuti dei miei film siano da riferirsi a questo tipo di influenza. Mi interessa semplicemente offrire un assaggio che si traduca in una forma di shock dal forte impatto visivo per lo spettatore

C’è qualche regista occidentale che lei ha amato e che ancora è fonte di ispirazione per il suo cinema?

Sono talmente tanti che non potrei dirteli tutti,  posso certamente dirti Dario Argento, Lucio Fulci, Romero, tutta la serie Phantasm di Coscarelli, mi piace molto Polansky,  e  ¿Quién puede matar a un niño? di Ibanez Serrador.

Ne parlavamo prima, dopo Dead Sushi lei ha girato un episodio per il progetto collettivo The ABCs of Death insieme ad altri 25 registi da tutto il mondo, può raccontare ai lettori Italiani il suo contributo, perché ha scelto la lettera F e un aspetto del feticismo che è molto popolare in giappone come quello della flatulenza?

È un’aspetto molto popolare in Giappone, è vero, si lega sia ad aspetti umoristici tradizionali sia al ruolo della donna colta in uno stato scatologico naturale, non ha niente di feticista in questo senso. Il film era una collaborazione collettiva, per quanto riguardava il giappone si è cercato di trovare un indirizzo che fosse specifico, e considerato che l’argomento comune era la morte, si è pensato di fare una cosa diversa dagli altri autori coinvolti che probabilmente avrebbero puntato sul sangue, per questo in F for Fart non ce n’è neanche una goccia. A questi aspetti ne ho aggiunti altri come per esempio il tema della “donna fenomeno” e alcuni elementi desunti dall’atmosfera magica di Picnic At Hanging Rock di Peter weir; c’era anche una sequenza, poi tagliata per ragioni di durata imposta, dove si vedeva le ragazze ballare in cerchio su una collina,  la fonte di ispirazione era The Wicker Man di Robin Hardy. L’atmosfera che volevo creare era quella.

Quali sono i suoi progetti futuri, su internet movie database è indicato un nuovo film in lavorazione intitolato Nuigurumâ Z interpretato ancora da Rina Takeda, la protagonista di Dead Sushi, possiamo sapere di cosa si tratta?

In realtà il film è già finito, siamo in fase di post produzione. È un action movie interpretato da Shôko Nakagawa che è la vera protagonista, una Idol molto nota tra gli otaku in Giappone; nel film è una Gothic Lolita che si trasforma in un supereroe.

Sarà sulla linea di Karate-Robo Zaborgar?

È un film simile a quello, ma in versione femminile. Arti bionici, tette che sparano laser, braccia a forma di mitragliatrice e bizzarrie del genere!

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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