venerdì, Novembre 22, 2024

Page Eight di David Hare: “Quasi tutto ciò che c’è di valido nel cinema non rispetta i generi”

Un film prodotto dalla BBC per un pubblico televisivo che, diretto dal drammaturgo sceneggiatore e regista David Hare sta facendo il giro dei festival. Page Eight è stato presentato al Festival Internazionale del Film di Roma nell’ambito della rassegna Focus UK.  Spy story in salsa british il film vede l’agente veterano dei servizi segreti Johnny Worricker (Billy Nighy) alle prese con uno scottante fascicolo che coinvolge il primo ministro britannico (Ralph Fiennes). Tra questioni familiari irrisolte, imprevisti e gravi implicazioni politiche Worricker riuscirà a fare chiarezza sull’omicidio di un giovane attivista politico scomparso in Medio Oriente. La tradizione del film di spionaggio inglese è magistralmente onorata da David Hare tornato dietro la macchina da presa dopo 8 anni e 2 nominations all’Oscar (The Hours e The Reader), ma anche e soprattutto della straordinaria interpretazione di un Billy Nighy in forma smagliante. Vera rock star del cinema inglese, come confermano le parole della partner nel film Rachel Weisz che ne descrive il ricordo dell’ingresso sulla scena di un teatro londinese per un Re Lear come quello di Mick Jagger sul paco per un concerto, Billy Nighly si trova perfettamente a suo agio nei panni di un vero antieroe non giovane, non bello e neanche sempre giusto, ma terribilmente affascinante.

Page Eight rimane fedele fino alla fine all’obbiettivo di raccontare una Londra sicuramente inedita, che, come il buon vecchio Johnny Worricker, ne ha viste tante e tante continua a vederne suo malgrado, riuscendo però a filtrare tutto attraverso una massiccia e provvidenziale dose di autoironia.

David Hare ha incontrato il pubblico di Roma all’indomani dell’anteprima italiana del suo ultimo film regalando delle riflessioni preziose sul cinema e sul lavoro di sceneggiatore.

Con una carriera trentennale fatta di fortunati allestimenti teatrali ha offerto il suo punto di vista sui registi con il suo stesso background: « Sono tanti i miei colleghi che nel passaggio dal teatro al cinema sono stati abili  nel riconoscerne e rispettarne le differenze, specialmente nelle nuove generazioni, come Stephen Daldry e Sam Mendes che hanno centrato l’obiettivo mancato dagli esperimenti cinematografici di Peter Brook»

Sull’industria del cinema americana paragonata a quella inglese parla dell’importanza per la prima della fama di un attore: « Il cinema inglese non ruota necessariamente intorno alle grandi star come quello americano, ma è comunque difficile ottenere un discreto finanziamento se non si mette sul piatto un nome importante. La mia esperienza come sceneggiatore rimane un caso anomalo infatti sia per The Hours che per The Reader potevamo contare su dei grandissimi attori: Maryl Streep non solo risponde a delle precise esigenze di marketing, ma offre ogni volta performance di livello sublime. Grandissime interpreti che sono anche star di grande popolarità in entrambi i casi, anche questo ha contribuito al successo delle due pellicole.» Ha continuato poi con alcune considerazioni sul cinema indipendente: « Quasi tutto ciò che c’è di valido nel cinema non rispetta i generi, sono decisamente più interessanti i film che violano i limiti hollywoodiani. Ci sono film indipendenti americani molto belli che purtroppo non sopravvivono dopo un passaggio al Sundance e giovani registi con un grande ma momentaneo successo che il complicato sistema distributivo non aiuta. In Inghilterra, ma in tutta Europa –penso in particolar modo alla Francia- capita invece che alcuni piccoli film usciti in sordina sorprendano e abbiano una eco più duratura.»

Page Eight è un film prodotto dalla BBC che ha alle spalle una lunghissima storia di successi televisivi di grande qualità e che ha visto negli ultimi anni la nascita e la rapida ascesa concorrenziale della HBO: «La lunghezza richiesta dalla tv è una straordinaria opportunità per uno scrittore tanto che Salman Rushdie ha recentemente dichiarato che se dovesse ricominciare adesso la sua carriera sarebbe proprio con le serie tv. Ma d’altra parte è anche vero che per queste produzioni vengono arruolati veri e propri eserciti di scrittori, specie negli Stati Uniti. Sarà forse perché la HBO paga meglio della BBC!»

 

Redazione IE Cinema
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