Se troppe volte ultimamente l’horror ha imboccato le sterili strade del convenzionale, costeggiate dagli spettri del deja vu e del prevedibile, cosa rimane da fare? Incidere il corpo del genere, farne l’autopsia, agganciare qualche elettrodo al corpo morto e dargli una robusta scarica elettrica, secondo la lezione di Frankenstein. E’ esattamente quel che ha pensato di fare la coppia Goddard-Whedon.
Il film comincia come migliaia di tanti altri teen horror: cinque ragazzi del college (cinque stereotipi: il macho spavaldo, la bambolona insulsa, l’intellettuale introverso, il fattone-buffone “illuminato” e la final girl) in cerca di sballo vanno a trascorrere il weekend in una casetta sperduta in un bosco, dove ovviamente ad attenderli ci sarà il massacro. La loro sorte è pilotata da un gruppo di tecnici, alle dipendenze di una società segreta, che allestisce e manovra degli horroreality in giro per il mondo, al fine di procurare sangue fresco agli Antichi: spiriti maligni che minacciano di scatenare l’Apocalisse sul pianeta se la loro sete non verrà appagata. Svolta: arriva il momento in cui i burattini scoprono i fili a cui sono appesi e afferrano per le mani i burattinai.
Si tratta di un gioco di ruolo postmoderno che riprende e prosegue il discorso metafilmico sull’horror già presente nella saga di Scream di Wes Craven. Consapevoli di ritrovarsi davanti a un pubblico ormai scaltrissimo e perfettamente istruito sui dispositivi della paura, il regista e lo sceneggiatore stabiliscono un filo diretto con lo spettatore, un continuo ammiccamento, dichiarando e spiegando le intenzioni in anticipo, all’interno di una struttura che si annuncia rigidamente ortodossa ma che, man mano che la storia procede, va incontro allo sfaldamento in un crescendo di deragliamenti imprevedibili ed eccentrici che rimettono in discussione le credenze e le aspettative di chi guarda.
Un processo di ribaltamento delle convenzioni del genere attraversato da un tourbillon di citazioni e guidato da uno scatenato spirito ludico che sfocia, nel finale, in un vero e proprio meeting di creature mostruose provenienti dai più disparati cosmi orrorifici. Goddard, qui al suo esordio registico (dopo aver prodotto e sceneggiato Cloverfield e le serie tv Alias e Lost), e Whedon (padre dei successi televisivi Buffy l’ammazzavampiri e Angel, regista di The Avengers) con Quella casa nel bosco danno prova di notevole perspicacia (e astuzia) nell’intercettare i gusti e le preferenze dei più giovani: c’è tanta voglia di stupire, di spiazzare, una contagiosa inclinazione allo sberleffo, una insaziabile voracità cinefila e anche se sovente si spinge un po’ troppo sul pedale del bizzarro a tutti i costi, il risultato è certamente di tutto rispetto.