giovedì, Dicembre 26, 2024

River To River Festival Xi – Nataraja di Filippo Carli (Italia, 2011)

Presentato al River to River Florence Indian Film Festival Nataraja documentario del regista romano Filippo Carli che in soli 26 minuti riesce a presentare un luminoso ed esaustivo ritratto della vita quotidiana, intesa come ritualità e gestualità, di un villaggio rurale indiano. La danza della vita è raccontata attraverso le immagini delle azioni quotidiane articolate in gesti rituali: il lavoro, il riposo, il gioco dei bambini. Il cibo seminato, raccolto, cucinato e mangiato; il cielo e la terra, la luce e il buio.

Filippo Carli, che in un incontro con Folco Terzani svoltosi all’Odeon nel corso del Festival dedicato al rapporto fra ascetismo e vita quotidiana ha presentato il suo primo documentario dedicato all’India Neti Neti, ha incontrato il pubblico dopo la proiezione raccontando come è nato il progetto di Nataraja: «Le riprese di questo documentario sono durate in tutto tre mesi pur svolgendosi in anni diversi; lo ore di girato erano circa 35 che non sono moltissime anche perché sono state piuttosto impegnative: ho girato senza cavalletto restando spesso letteralmente in apnea per filmare ciò che realmente succedeva.»

Sui gesti mostrati nel film: «Il mio è un film molto semplice, fatto veramente di poco, racconta gesti che anche noi tutti compiamo, continuamente. La maggior parte delle azioni come si vede sono svolte da donne e questo perché la cultura rurale indiana è profondamente matriarcale. Certamente anche gli uomini lavorano, ma oltre ad essere numericamente inferiori sono molto distratti dalla tecnologia.»

Nataraja è un documentario muto che contiene due soli inserti di parlato in apertura e in chiusura, mantenendo nel suo svolgersi solo il rumore della vita che scorre; su questa scelta Carli ha commentato: «La prima stesura dello script aveva dei momenti durante i quali con le parole cercavo di introdurre le immagini, ma a montaggio ultimato ho preferito tagliarle lasciando che queste ultime raccontassero autonomamente la loro storia.

Credo che il senso profondo di questo mio brevissimo film sia il percorso dell’uomo che osservando la materia trasformarsi si trasforma interiormente egli stesso; questo è un concetto che purtroppo in occidente abbiamo perduto come pure l’essere presenti a se stessi mentre viviamo, che è un altro tema che mi sta molto a cuore. Il contatto con il “fare” assorbe la mente lasciando davvero poco posto per altri pensieri portando quindi ad una sorta di illuminazione. Anche per insistere su questo messaggio ho preferito tagliare l’audio.

Il mio primo film Neti Neti era sulla bellezza, Nataraja è sul viaggio inteso come tragitto, meta ma anche e soprattutto arrivo e permanenza.»

Tutte le informazioni su www.filippocarli.com

Redazione IE Cinema
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