I detrattori di Harmony Korine, e in particolare di questo suo ultimo Spring Breakers, potrebbero essere gli stessi che malsopportano tutto quello che si muove intorno ai Die Antwoord, bollandolo come esperienza votata ad un’insopportabile insincerità. Sulla storia “poseur” di Ninja e Yo-Landi Vi$$er rimandiamo a questo bell’articolo di Federico Fragasso pubblicato su Indie-eye REC.
Il dubbio più tipico sollevato contro la musica e l’immaginario del duo Boero è se il loro lavoro sia necessario, quando, per esempio è possibile godersi la stessa materia direttamente “dal basso” andando a pescare a piene mani nel paniere dell’R’&’b di massa, tanto per fare un esempio, come quello di Watch the Throne, album della coppia Jay-z e Kanye West, vero e proprio frullatore semantico di cultura musicale bassa, delirio post-apocalittico, autismo paranoide, grandeur puttanesca, insomma più o meno gli stessi ingredienti della musica dei Die Antwoord.
Korine, due anni dopo Trash Humpers, il lungometraggio girato e montato interamente con un vecchio equipaggiamento VHS, realizza Umshini Wam, sulla carta videoclip per i Die Antwoord, di fatto una sorta di ribaltamento delle “Long form” degli anni Ottanta, con uno sbilanciamento a favore del cortometraggio e una dispersione dell’elemento promozional-musicale in un contesto diegetico.
Si tratta di venti minuti di gioco performativo “puro”, con Ninja e Yo-Landi sulla sedia a rotelle che replicano tutto il campionario di pose Gangsta percorrendo spazi urbani desolati; è un lavoro non troppo distante dalla furia parafiliaca di Trash Humpers, elegia autistica dei bassifondi, che si inventa una comunità di individui nascosti dietro maschere senili e che si fottono qualsiasi oggetto con una particolare predilezione per i cassonetti.
Spring Breakers ricomincia da qui, impiegando una manciata di starlette Disney Channel, usando la musica di Skrillex, quindi la propaggine più superficiale e sputtanata dell’Electro House, con quel suo tentativo di metterci dentro tutti gli scarti dell’elettronica di consumo, dalle suonerie per smartphone fino ai suoni dei videogames, per lavorare su un anti-testo immaginato come flusso di coscienza e attraversato dalla stessa furia performativa degli Humpers.
Una furia, quella di Spring Breakers, non solo dei corpi ma anche di una serie di elementi che sembrano desunti dalla manipolazione di patterns visivi nei contesti “Visual”, una ricerca non nuova tutto sommato per Korine, considerato che la manipolazione del tempo come pratica di intervento materiale sui supporti è presente in molti episodi della sua videografia (un esempio, il bellissimo video di Workhorse, realizzato per Will Oldham) ed è stata ripresa, con risultati spesso fotocopia, da tutta una generazione di autori di video musicali, come per esempio Cam Archer.
Un cattivo gusto che a nostro avviso non è semplicemente ricercato o peggio ancora meta-testuale, ma semplicemente vissuto con aderenza onanistica, ludica, impiegando i relitti di una sottocultura che come in Umshini Wam diventa semplicemente un gioco deambulatorio e spastico, un continuo “fare finta”, una “posa realista” non troppo distante dalla psiche della generazione che osserva.
I numeri delle ragazze in mezzo di strada e quelli con James Franco superano spesso la superficie trash che non mi pare affatto un filtro, e forse neanche uno sguardo iconoclasta alla John Waters, per aderire ad un mondo verbale e posturale vicino ai giochi di molti senza nessuna intenzione teorica se non quella di un’amorale gioia masturbatoria: se si cita Britney Spears è perchè la si ritiene per davvero un’icona pop fondamentale. Il paesaggio urbano che si rileva anche in Spring Breakers , aderisce in forma pop ad un desolante trionfo del degrado, ma Korine sembra preoccuparsi di sviluppare un film che è probabilmente un elogio del pompino.