Il Sundance Film Festival dà particolare importanza ai documentari riservandogli due sezioni a parte, la World Cinema Documentary e la U.S. Documentary Competition. Della prima categoria fanno parte dodici titoli provenienti tra gli altri da Cina, Russia e India.
Un fenomeno ancor più vicino al presente è quello innescato dalle Pussy Riot, movimento femminista che si batte per i diritti delle donne in Russia, documentato in Pussy Riot-A Punk Prayer di Mike Lerner e Maxim Pozdorovkin. Nell’Inverno del 2011, a seguito della controversa rielezione di Vladimir Putin in Russia, migliaia di cittadini scesero in strada per protestare. Tra questi vi erano anche le donne del Pussy Riot che osarono entrare a Mosca intonando ““Mother Mary, Banish Putin!”. In questo documentario vengono seguite le storie di tre componenti del movimento, che si trovano ora a dover affrontare un processo diventato caso nazionale in Russia.
Con Fire in the Blood l’autore Dylan Mohan Gray racconta la difficile battaglia per la produzione di farmaci contro l’AIDS alla portata di tutti. Illustrando la crisi dell’AIDS in Africa, il regista denuncia il potere delle case farmaceutiche e l’influenza che esercitano sul governo federale.
Il grandioso mondo di Google è messo sotto accusa in As Google and the World Brain di Ben Lewis dove diverse testimonianze dipingono il progetto come un tentativo di sminuire idee complesse in semplici tweet.
Servendosi di falsi provini, Tinatin Gurchiani, dipinge un ritratto giovani georgiani. La film-maker aveva dato via al progetto postando un annuncio in cui cercava un giovane protagonista; una volta di fronte alla macchina da presa gli aspiranti attori si sono lasciati andare a confessioni sui loro sogni e le loro battaglie; da qui il titolo del documentario The Machine Which Makes Everything Disappear.
Dopo l’Oscar per il miglior documentario guadagnato nel 2001 con Inside Job, la regista cambogiana Kalyanee Mam torna nel suo paese d’origine per denunciare il danno subito all’ambiente e dalla popolazione negli ultimi anni.
In The Square (Al Midan) il regista Jehane Noujaim, già al Sundance del 2004 con il precedente lavoro Control Room, narra come un gruppo di giovani egiziani nel Febbraio 2011, si impose guidando il popolo verso la trasformazione e la democrazia. La piazza del titolo è Tahrir Square, cuore e anima del film, in cui hanno luogo le vicende di alcuni attivisti.
Si cambia atmosfera con The Stuart Hall Project accurato ritratto dell’intellettuale britannico Stuart Hall, celebre attivista antinucleare e fondatore dei Cultural Studies. Il regista John Akomfrah è figura di riferimento per il movimento dei Black British Film e finora i suo lavori gli hanno portato più di 30 riconoscimenti internazionali.
Avvolto dal mistero è anche Who Is Dayani Cristal?. Il 3 Agosto 2010 nel deserto dell’Arizona venne trovato un corpo non identificato, il cui unico segno distintivo era un tatuaggio con la scritta “Dayani Cristal”. Nel film il regista Marc Silver si propone di indagare il mistero nascosto dietro a questo inspiegabile ritrovamento.
La regista Kim Longinotto ha dedicato buona parte della carriera alla realizzazione di lungometraggi in difesa delle donne; la stessa linea segue in Salma, terribile storia di una giovane ragazza indiana che, una volta raggiunti i tredici anni, venne tenuta come prigioniera in casa dai genitori. Milioni di ragazze in tutto il mondo condividono il suo stesso destino ma, a differenza di altre, Salma è riuscita a trovare una sua strada e una sua libertà diventando involontariamente la più famosa poetessa del sud dell’India. (continua nella pagina successiva – U.S. Documentary competition…)