Le ombre in fuga tra i flutti urbani di Calais, ritratte da Sylvain George in Qui’l Se Reposent en Revolte, tornano ad abitare gli schermi della sezione collaterale del TFF un anno dopo il passaggio anella scorsa edizione e la vittoria al Filmmaker Film Festival di Milano. Il materiale incandescente che componeva il documentario fiume sulla quotidianità degli immigrati maghrebini, centroafricani, afghani e slavi in attesa di attraversare la manica, è tracimate nelle sue eccedenze in questi Frammenti, dalla struttura più sporadica e privi del contenuto incendiario delle immagini degli scontri tra manifestanti, immigrati e polizia nella “giungla”, la tendopoli-boscaglia rifugio dei clandestini presso le coste francesi. Non per questo, però, viene meno l’urgenza di questo secondo film, se non altro necessario a rendere il giusto favore a tutte le esistenze appese alla marmitta di un camion, ad un filo spinato, ad un documento di rimpatrio, a delle impronte digitali deliberatamente carbonizzate che hanno prestato il loro volto e i loro corpi fasciati dalle sciarpe e dai parka all’obiettivo del documentarista francese, insuperabile nel lavoro mimetico ed empatico di avvicinamento dei propri soggetti. Nelle pieghe sature ed espressive di un bianco e nero sontuoso incredibilmente strappato ai MiniDV, si materializza una narrazione di rovine e anfratti inospitali abitati da fantasmi in perenne fuga, che si autodefiniscono morti viventi, confinati in un limbo tra un paese natìo e una terra promessa ugualmente ostili e inospitali. Nella grammatica di George fanno stavolta capolino viraggi, ralenti, freeze frame e dissolvenze che segnano una divisione a capitoli che non può che mostrare un grado di maggiore artificiosità del discorso rispetto al film precedente. L’evidenza sconvolgente e quasi aggressiva di immagini, corpi e azioni di Qui’l Se Reposent en Revolte si diluisce in una più verboso ricorso ad interpellazioni della macchina da presa e interviste dirette qui in Les Eclats, che non possono però lasciare indifferenti quando sono portatrici di un così alto coefficiente di autenticità, emozione carpita, difficoltà di reperimento. Un blues per immagini, manifesto di un naufragio che si ripete ogni giorno sulla terra ferma di un’Europa accogliente solo a parole.