Curiosa la scelta di presentare al Festival, seppur in una sezione collaterale, questa commedia pruriginosa post-Apatow, anti- Farrelly, cesellata su un umorismo collegiale per adulti vaccinati tanto di moda attualmente quanto in ogni caso edulcorato da eccessivi conflitti, imbarazzi, realismi dissacranti, per quanto applicato ad un ampio bouquet di scene di sesso e allusioni piuttosto esplicite. Poteva graffiare decisamente di più la storia di un gruppo di ultratrentenni amici dai tempi dell’High School e ad essi aggrappati grazie alla sontuosa casa al mare del padre di uno di loro, teatro di innumerevoli ed interminabili feste a tema che coinvolgono centinaia di persone in sfrenati festeggiamenti da studente fuori sede. L’evidenza dell’età che avanza si materializza con l’annuncio della messa in vendita della casa, così il gruppetto, incalzato dai paragoni con una generazione di adolescenti sempre meno inibiti, decide di celebrare l’utlima festa della propria protesi di giovinezza con la scatenata orgia tra amici intimi che non hanno fatto quando era il momento più adatto. La tensione accumulata in un avvicinamento tra paranoie, imbarazzi, eccessi di entusiasmo e vecchi amori emergenti e in declino, si stempera in un gran finale liberatorio ma in definitiva eccessivamente pacificato, in cui si cavalca l’onda di fantasie ricorrenti, stereotipi dribblati o presi in pieno, terminologie esotiche e sottoboschi goderecci inaspettati senza però mostrare il coraggio di un fisico femminile anche leggermente imperfetto, di una prestazione fallimentare, di un conflitto latente o di u. Tutto si risolve nel migliore dei modi possibili, all’insegna di amore, amicizia, comprensione e libertà sessuale. La maturità rimanda ancora una volta il suo arrivo, e va bene così. Del filmetto confezionato da Huick e Gregory, già sceneggiatori per il citato Judd Apatow e navigate penne televisive, restano i meriti di puntare su un plotone di facce valide ma solo vagamente conosciute (Jason Sudeikis del SNL, Nick Kroll ormai onnipresente carrierista ebreo, e Tyler Labine, nell’ennesimo ruolo di grassa anima della festa che già marchio di fabbrica di Jack Black e Zach Galifianakis) e su un intreccio di gag obiettivamente ben scritte e sostenute da un ritmo indiavolato. Si ride molto, ce ne si dimentica in poco.