Trishna ha 19 anni e vive in una remota campagna del Rajasthan. La sua famiglia non se la passa bene e lei aiuta come può. Una sera incontra Jay, un ragazzo molto ricco che gestisce alcuni alberghi per conto della sua famiglia. Quando il padre della ragazza ha un brutto incidente che lo rende impossibilitato a continuare a lavorare, Jay le propone di andare a lavorare per lui in uno dei suoi alberghi per risollevare le sorti della famiglia. Trovatasi a vivere una nuova vita lontano dal Rajasthan, Trishna cede alla corte di Jay rendendosi presto conto di aver commesso un errore. Presentato al Festival Internazionale del Film di Roma nell’ambito del Focus UK dedicato al cinema britannico, Trishna è la trasposizione in chiave contemporanea di Tess dei D’Ubervilles, il romanzo di Thomas Hardy uscito a puntate nel 1891, firmata da Micheal Winterbottom. Ambientato nell’India contemporanea tra lo splendore degli hotel di lusso, dei locali alla moda e delle case altoborghesi di Bombei e la miseria delle campagne del Rajasthan, Trishna è senza dubbio un esperimento ambizioso e carico di buone intenzioni ma che manca di centrare l’obbiettivo propostosi di una reale empatia tra lo spettatore e la protagonista. Le tristi vicende della ragazza, note ai lettori del romanzo di Hardy e agli spettatori delle sue numerose trasposizioni (ricordiamo su tutte Tess di Roman Polanski del 1979), sono in qualche modo prevedibili tutte un attimo prima che accadano. Il destino di Trishna, che ha il volto e il corpo di Frida Pinto (The Millionaire, Incontrerai l’uomi dei tuoi sogni) sembra già scritto nel momento in cui si trova ad accettare, sedotta ma titubante, l’offerta di Jay che sembra l’unica alternativa possibile tra la speranza e la miseria. Passivamente rassegnata a servire qualcuno, che sia la sua famiglia, la clientela dell’albergo o lo stesso Jay, Trishna perde progressivamente la sua identità diventando sempre meno importante agli occhi del mondo e dell’uomo del quale è innamorata che finisce per trattarla esclusivamente come oggetto sessuale non trovando per lei nessun altro ruolo se non quello di una schiava.
Michael Winterbottom, ha dichiarato in un incontro con i giornalisti che ha preceduto l’anteprima italiana del film, di aver voluto ricreare un ambiente contemporaneo che raccogliesse però lo spirito che si respira nel romanzo di Thomas Hardy, trovando proprio l’India di oggi e i cambiamenti che sta vivendo molto simili a quelli dell’Inghilterra vittoriana.
A proposito della colonna sonora composta da Shigeru Umebayashi (In the mood for love, La foresta dei pugnali volanti) ha poi spiegato: «La musica è importantissima nella realizzazione di un film, può produrre effetti e sensazioni del tutto diverse. L’India è impregnata di musica e la musica racconta proprio la storia di questo paese nella quale sacro e profano spesso si ritrovano a convivere. Abbiamo lavorato con Amit Trivedi un compositore molto famoso nell’industria cinematografica di Bollywood che ha scritto le canzoni del film che ho scelto di sottotitolare in fase di post-produzione perché costituissero degli snodi narrativi».
Rispetto ai cambiamenti fatti alla storia scritta da Thomas Hardy, Winterbottom continua: «Siamo stati inevitabilmente condizionati da quello che abbiamo visto e vissuto nei mesi trascorsi in India per le riprese; un caso emblematico è costituito dall’episodio dell’aborto di Trishna: nel romanzo Tess partorisce un bambino che muore poco dopo. In India questo sarebbe accettato in modo peggiore, e l’unica scelta è costituita da un’interruzione di gravidanza.»
Su Jay (Riz Ahmed) che nel film incarna i caratteri di Alec e di Angel, i due personaggi maschili del romanzo, il regista precisa: «Lui va in India cercando di cominciare una nuova vita, ma il suo problema è che manca completamente di fantasia, di immaginazione e soprattutto di empatia. Nel rapporto sentimentale e sessuale che ha con Trishna non si preoccupa neanche per un attimo delle conseguenze che lei dovrà patire, agisce senza la volontà di capirla.»
Sempre circa l’empatia, ad una nostra domanda sul rapporto tra i personaggi di uno dei suoi film più recenti, The killer inside me, i loro lati oscuri e le loro intenzioni paragonati a quelli di Trishna: «Quello che più amo di Hardy è la solidarietà che lui ha nei confronti dei suoi personaggi, che descrive sempre molto intimamente. In The killer inside me siamo portati ad odiare l’assassino e ciò che lui fa, ma quando Trishna commette il suo delitto noi non possiamo non capirla e comprendere il suo dolore».