Home festivalcinema Venezia 67 – Concorso – Somewhere di Sofia Coppola

Venezia 67 – Concorso – Somewhere di Sofia Coppola

La Coppola utilizza corpi attoriali fatti della stessa difettosa sostanza dei suoi personaggi, la recensione di Somewhere

La Coppola immette ulteriori volumi d’aria nelle premesse della propria poetica. Ancora una volta la dispersione del senso in una vita fatta di non-luoghi e non-sensi, qui rappresentata alle sue massime conseguenze: la pneumatica assenza di narrazione. La star di Hollywood Johnny Marco gira a vuoto con la sua fuoriserie nel deserto Californiano, così come  in un vacuo oceano di routine vipparola. Spogliarelliste giocattolo, chitarre giocattolo, racchette giocattolo, lucenti giocattoloni su quattro ruote e una figlia undicenne che chiede di essere promossa al di sopra della schiera dei balocchi trastullatori. Un viaggio forzato con quest’ultima riuscirà forse a fargli scuotere di dosso il vuoto pneumatico, scendendo dalla giostra di aerei, bolidi e hotel per incamminarsi, come dice il titolo, da qualche parte. Scompare la sostanza narrativa, rimpiazzata dall’ironia sulla sua assenza e dal dominio dell’episodicità. Si rarefà la consueta cura della colonna sonora, appoggiata solo negli angoli più significativi e in poche nicchie diegetiche, sostituita dai rombi inutilmente fuori giri di un motore Ferrari. Si nasconde in pochi sprazzi la ricerca dell’effetto stilistico o cromatico, che era la forza e la debolezza del ludico e amaro Marie Antoinette. Il film diviene specchio del suo protagonista, il bolso belloccio Stephen Dorff, uomo senza fascino e talento eppure tanto affascinante per gli abitanti dell’effimera bolla d’aria della celebrità, adeguatamente privo persino del sornione carisma del Murray di Lost  in Translation. Un film che si regge sull’assunto di non reggersi da nessuna parte, girando su sé stesso per poi indirizzarsi verso un orizzonte che non ci è dato conoscere. La strombazzatissima parentesi italiana è poco più di una lunga gag, che rimane però l’esempio più evidente dell’operazione compiuta lungo tutto il film: l’utilizzo di corpi attoriali funzionali al film perché fatti della stessa difettosa sostanza dei personaggi. Facile e coraggioso allo stesso tempo, stanco e strascicato nel suo incessante lavoro di sottrazione e compiaciuta messa in discussione del mondo di cui la Coppola è parte integrante. Prendere o lasciare.

RASSEGNA PANORAMICA
Articolo precedenteVenezia 67 – Concorso – Silent Souls di Aleksei Fedorchenko (Russia, 2010)
Articolo successivoVenezia 67 – Concorso – Norwegian Wood di Anh Hung Tran (Giappone, 2010)
Alfonso Mastrantonio, prodotto dell'annata '85, scrive di cinema sul web dai tempi dei modem 56k. Nella vita si è messo in testa di fare cose che gli piacciano, quindi si è laureato in Linguaggi dei Media, specializzato in Cinema e crede ancora di poterci tirare fuori un lavoro. Vive a Milano, si occupa di nuovi media e, finchè lo fanno entrare, frequenta selezioni e giurie di festival cinematografici.
venezia-67-concorso-somewhere-di-sofia-coppola-usa-2010La Coppola utilizza corpi attoriali fatti della stessa difettosa sostanza dei suoi personaggi, la recensione di Somewhere
Exit mobile version