Se pensiamo alla complessità, anche cognitiva, del dispositivo mediatico in Mary, dove Ferrara fa collidere le finestre sull’informazione di massa come forme di trasmissione della violenza e della conoscenza, ricombinando un cinema del pensiero oltre il cinema stesso, destinato a spegnersi in una cabina di proiezione e a resuscitare come semplice forma di luce, 4:44 Last Day on Earth più che un passo verso quella dimensione radicale, sembra una concentrazione di questi spunti in un set chiuso. Non è la claustrofobia in gioco, elemento che in quasi tutto il cinema di Ferrara funziona davvero come una camera oscura dove il suo cinema migliore, senza centralità del soggetto, cambia continuamente il modo di percepire la realtà, ma una disposizione di questa liminalità in uno spazio dove tutto è intellegibile e dove la mente sembra in un certo senso aver trovato una forma pacificata nel “setting” di tutti gli elementi in campo. Una coppia aspetta la fine all’interno del proprio attico; Cisco (Willem Defoe) comunica con le figlie via skype e Skye, pittrice (Shanyn Leigh), si perde in continue sessioni di dripping, forma intima e rilassata del proprio esprimersi più che immagine di un caos esterno che non penetra ne modifica quest’isola. E’ uno spazio relazionale “morbido” che sembra interessare a Ferrara, basta pensare alla sequenza in cui Cisco discute con l’ex moglie via skype e si lascia sfuggire una dichiarazione d’affetto inespressa, Skye la intercetta e gridando si scaglia contro Cisco mentre questo tiene in equlibrio precario il suo Mac per una mano dove nella lotta familiare vediamo ancora attivo il collegamento con l’ex moglie; sarebbe sbagliato, oltre che ridicolo, riflettere sulla pervasività dei mezzi di comunicazione inter-relata in un contesto in cui la tecnologia di 4:44 last Day on Earth è assolutamente quella volatile e abitudinale dell’esperienza quotidiana; non c’è la forma virale di New Rose Hotel ne la controversa e sofferta soggettività spirituale di Mary, come dicevamo, non c’è in fondo nessuna frattura; la pacata rassegnazione della coppia, passa al setaccio la tossicodipendenza di Cisco, il rapporto con il fratello, brandelli di vita affettiva, interventi di Al Gore e del Dalai Lama attraverso una televisione sempre accesa, schermi ovunque certamente, ma come in qualsiasi spazio quotidiano. L’attesa, ha detto in vari modi Ferrara durante la conferenza stampa a Venezia 68, è una questione legata alla redenzione; qui non ha certo a che fare con il percorso doloroso dei personaggi Ferrariani che conosciamo, almeno di non percepire il dolore in una dimensione (anche spaziale) ormai riassorbita. L’ultima immagine è bianca, ma rispetto alla pellicola in coda proiettata sul volto di Tony Childress, la resurrezione ha una forma completamente digitale.
venezia 68 – Concorso – 4:44 Last Day on Earth di Abel Ferrara – (Usa, 2011)
1406LETTURE
ULTIMA MODIFICA:
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.
Articolo precedente
Articolo successivo
ARTICOLI SIMILI
L’apocalisse è una festa – La recensione del volume di Ludovico Cantisani sul Cinema della Fine del Mondo
L'apocalisse è una festa - il cinema della fine del mondo e l'antropologia di Ernesto De Martino è il saggio di Ludovico Cantisani pubblicato da artdigiland, la nostra recensione e un'appendice dei film che includono l'idea di apocalisse, scelti dalla redazione di indie-eye
Crash di David Cronenberg: Il combo Blu Ray + 4k UHD – recensione e unboxing
Crash di David Cronenberg finalmente in Blu Ray con più di tre ore di contenuti speciali, grazie alla label Tedesca Turbine Media. Unboxing video e contenuti speciali in dettaglio.
Heavy Metal, Sesso Morte e Rock’n’roll: il film culto di Gerald Potterton in Blu Ray. L’unboxing e la recensione
Heavy Metal, il film culto di Gerald Potterton in Blu Ray!
Drive-in Saturday. La post apocalisse di Bowie e quella delle sale cinematografiche di domani
David Bowie se li era già immaginati i Drive-in del futuro dove una società minacciata dalle radiazioni, non poteva toccarsi né fare all'amore. E quelli del presente prossimo venturo saranno così diversi? Pagheremo per essere infelici?
A Quiet Place – Un posto tranquillo di John Krasinski: l’approfondimento
In "A Quiet Place" ciò che fa rumore fa paura. La recensione
Light of my life di Casey Affleck, Festa del Cinema di Roma: recensione
Casey Affleck sembra imboccare un sentiero battuto e ribattuto da tanto cinema e letteratura anglosassoni solo per abbandonarlo tracciandone uno proprio in cui la distopia post-apocalittica sia occasione e pretesto per mettere in scena l’intimità di una resistenza privata che trova nel rapporto ombelicale padre/figlia la sua più compiuta espressione
Squirm di Jeff Lieberman: approfondimento
Squirm ovvero i carnivori venuti dalla savana. Il primo film di Jeff Lieberman e uno dei primi negli anni settanta a raccontare una natura che si ribella alle sollecitazioni dell'uomo. I vermi cannibali di Lieberman sono un mix irresistibile tra prostetica e immagine documentale. Midnight Classics, la collana di Midnight Factory dedicata ai classici del cinema horror, pubblica per la prima volta in Blu Ray una bella edizione limitata di questo horror uscito nel 1976. L'approfondimento e il video unboxing.
L’ultima Ora di Sébastien Marnier: Terra, pianeta alieno
Lo spazio per l'azione e la lotta sembra irrimediabilmente sottratto dalle generazioni che gestiscono il sistema educativo, i cui simulacri non sono più sufficienti per interpretare la mutazione dei numerosi piani di realtà trasmessi alle nuove generazioni. Il voto e la dimensione legittimante dell'eccellenza, diventano il primo vero segnale di un'educazione alla crudeltà. E a chi non ha tempo, si risponde con la violenza del "non è più tempo". In sala dal quattro luglio l'inquietante film di Sébastien Marnier, distribuito da Teodora Film. La recensione in anteprima
Godzilla II – King of the Monsters di Michael Dougherty: recensione
Godzilla II - King of the Monsters, il film di Michael Dougherty sposta sullo sfondo l'epica del combattimento tra mostri per raccontare il dramma di una famiglia americana
Una luna chiamata Europa (Jupiter’s moon) di Kornél Mundruczó: la recensione
Collocato inizialmente in una dimensione post-apocalittica, metafora di un dramma sociopolitico attualissimo, Jupiter's Moon si complica ulteriormente , appesantendo un quadro già di per sé difficile da sostenere con credibilità: quello che segue apre infatti a scenari differenti, svolte sci-fi, attitudine documentaristica e un certo realismo magico, che si accavallano l’uno sull’altro senza che nessuno di essi venga sviscerato dal profondo e sviluppato compiutamente.
Tower. A Bright Day di Jagoda Szelc – Berlinale 68, Forum: la recensione
Tower. A Bright Day, debutto della polacca Jagoda Szelc
Ava e il cinema di Léa Mysius: l’approfondimento
Ava e una ricognizione sul cinema di Léa Mysius, tre cortometraggi e un debutto sulla lunga distanza.
Arrival di Denis Villeneuve: la recensione in anteprima
Passato e presente, come nella genealogia della famiglia Marwan, si influenzano a vicenda senza assumere una connotazione evolutiva e binaria, tanto che quello slittamento di senso individuato con Incendies attraverso una lettura orizzontale del montaggio parallelo, viene riproposto da una prospettiva che parla il linguaggio dei sentimenti e della fisica nello stesso modo in cui il cinema di Chris Marker e quello di Hollis Frampton collegavano storia, memoria, metamorfosi della natura e inconscio all'immagine cinematografica. La recensione di Arrival, il bellissimo film di Denis Villeneuve in uscita il prossimo 19 gennaio nelle sale italiane
David Bowie, Philip K. Dick, Julian Priest: men lost in time
Per difenderci dalla clonazione della spazzatura cospirazionista che ha contaminato la lettura di Blackstar, ci serviamo delle parole di Orson Welles in "F for Fake": "who’s the expert? Who’s the faker?"
The Last Witch Hunter – l’ultimo cacciatore di streghe di Breck Eisner: la recensione
In sala The Last Witch Hunter di Breck Eisner: tra horror e fantasy, divertimento e Stato Islamico
Nausicaä della Valle del vento di Hayao Miyazaki: la recensione
Il 5, 6 e 7 ottobre arriva nelle sale italiane "Nausicaä della Valle del vento" di Hayao Miyazaki
Mad Max – Fury road di George Miller: la recensione
Prodigiosamente, Miller riesce a mettere nello stesso spazio, oltre al suo cinema, quello del primo Raimi e dell'ultimo Peter Jackson, in quella furibonda concezione del movimento che passa dalle mutazioni dell'animazione alla forma di un cinema totale finalmente possibile grazie allo sconfinamento di linguaggi e formati nell'era digitale. Nel propellente ritmico di una sinfonia industriale si innestano segni e motivi dell'arte e della cultura aborigena. Un ponte tra arcaico e futuro.
Metropolis di Fritz Lang – la versione restaurata: la recensione
Dichiarato patrimonio mondiale dell’umanità, sintesi di esperienze compiute in più ambiti (teatro, musica, letteratura, architettura), classico mai superato da tempi e mode che continua a dire tutto quel che ha da dire con freschezza inalterata, Metropolis torna sul grande schermo il 16 marzo 2015 nella versione originale, restaurata e più completa tra quelle esistenti
The Rover di David Michod: la recensione
Le città fantasma di The Rover, il nuovo film di David Michod ha molto in comune con i paesaggi del western de-genere di Questi, Fulci, Canevari. La violenza del film è come una musica tensiva e invisibile, si muove sottopelle, pervade ogni cosa. Non sembra esserci via di fuga in questo mondo ormai alla deriva
These Final Hours – 12 ore alla fine di Zak Hilditch: la recensione
Il film dell'australiano Zak Hilditch sulle ultime 12 ore dell'umanità, la recensione in anteprima
5 VALUTAZIONE DA 0 A 5 STELLE |
Voto |
IN SINTESIIn 4:44 Last Day on Earth non è la claustrofobia in gioco, elemento che in quasi tutto il cinema di Ferrara funziona davvero come una camera oscura dove senza centralità del soggetto, cambia continuamente il modo di percepire la realtà, ma una disposizione di questa liminalità in uno spazio dove tutto è intellegibile e dove la mente sembra in un certo senso aver trovato una forma pacificata nel "setting" di tutti gli elementi in campo |