La vita di 4 donne e sullo sfondo quella di tante altre che, come loro, sono pazienti dell’ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere. C’è Clara (Andrea Osvart) appena arrivata, colpevole dell’omicidio di entrambi i figli in seguito al quale ha tentato di togliersi la vita, Eloisa (Monica Barladenau) con un passato difficile fatto di molti uomini ma nessun vero amore che non vuole piegarsi al senso di colpa, Rina (Chiara Martegiani) diventata madre troppo giovane e rifiutata dalla famiglia e Vincenza (Marina Pennafina) che non ce l’ha fatta a sopportare il peso di 4 figli con un marito assente. Tutte loro hanno ucciso i propri figli e cercano all’interno della struttura sanitaria un modo per sopravvivere al loro gesto lavorando, seguendo la terapia con gli psichiatri e tentando di percorrere la strada di una riabilitazione che sembra quasi impossibile. E la vita di chi sta fuori continua, come per il marito di Clara (Daniele Pecci) che lascia il lavoro a Udine e apre un bar in Versilia, il luogo delle vacanze con la famiglia che ormai non c’è più, ma che non riesce a smettere di pensare alla moglie che gli ha tolto i figli. Si muove metà tra il cinema e la fiction tv il coraggioso film di Fabrizio Cattani in uscita nelle sale ad aprile 2012 distribuito da Fandango, che conserva nei dialoghi l’impianto teatrale dell’opera From Medea di Grazia Varesani, ma che non riesce a mantenere la tensione dettata dalla scelta di un tema tanto delicato e poco frequentato dal cinema. Rimane tuttavia un’opera insolita da non sottovalutare e a cui va assegnato il merito di gettare uno sguardo inedito sulla malattia mentale e sulle dinamiche dell’ospedalizzazione.
«Nello scrivere il testo teatrale avevo pensato alle parole di Schopenhauer sul fatto che tutti noi siamo un pozzo profondo.» ha spiegato Grazia Varesani autrice anche della sceneggiatura nel corso della conferenza stampa a Venezia 68 «Le attrici sono entrate in questo testo in un modo magnifico. Una maternità raccontata in modo non banale, per far capire come la verità non sia quella sommaria degli opinionisti da talk show. In America si parlava già da tempo della sindrome Maternity blues, in Italia siamo sempre un po’ in ritardo».
Nel cast tutto al femminile, eccettuata la buona prova data da un Daniele Pecci appesantito e volutamente poco avvenente, si distinguono Chiara Martegiani (Meno male che ci sei) che ha così raccontato il suo approccio al personaggio di Rina: «Avevo paura di giudicare negativamente il personaggio, che è molto complesso. Ho cercato di capire il suo passato e mi sono affidata al regista col quale abbiamo lavorato molto da un punto di vista fisico, sulla mia voce e sul mio aspetto.» e l’attrice rumena Monica Barladenau (Vallanzasca-Gli angeli del male, Lost, Nip /Tuck): «Ho avuti dubbi inizialmente proprio perché non sono madre, ma poi mi è sembrato molto interessante questo viaggio nel mondo di persone che vivono con una colpa così grande. Sono dolori intangibili e invisibili quelli della nostra mente, che possono diventare pericolosi per se stessi e per gli altri.»
Anche Andrea Osvart ha parlato della difficoltà di calarsi nel personaggio: « Ho lavorato con una coach sull’esperienza del mio essere figlia, compiendo quindi un percorso inverso dal punto di vista del personaggio che interpreto. Neanche io sono madre, e in questo viaggio sono stata anche molto aiutata dalla grande fiducia che ho verso Fabrizio col quale avevo già lavorato.»
Fabrizio Cattani parlando invece del soggetto lo ha definito «molto forte e cinematograficamente, non era mai stato rappresentato in Italia perché considerato ancora tabù, e inizialmente infatti è stato rifiutato da molti produttori Ho incontrato il Professor Antonio Calogero che cura queste donne da molti anni che ci ha fornito grande supporto per il nostro progetto. Gli infanticidi ci sono sempre stati e sempre ci saranno e sono spaventosamente in aumento»
La conferenza stampa di Maternity Blues si è conclusa proprio con l’intervento del Professor Calogero : «Ho visto il film diverse volte e vi trovo qualcosa di nuovo e di sempre più equilibrato. Il nostro è l’unico ospedale in Italia che si occupa di questi casi. Abbandonare alla società un paziente che ha commesso un reato di questo tipo è come commettere un nuovo omicidio, e quello che ci sta più a cuore quindi è creare una rete intorno al paziente che altrimenti continuerebbe a compiere reati. Il figlicidio è qualcosa di estremamente complesso e doloroso rimanda a situazioni drammatiche vissute dalle madri. »