E’ un western atipico il film dell’argentino Santiago Amigorena,sospeso fra una Toronto congelata e le pampas bruciate dal sole, sulle tracce di una donna ferita che si muove al confine labile fra giustizia e vendetta. Quando una raffica di mitra nella fredda notte canadese uccide il marito e il figlio, una poliziotta dal passato burrascoso non esita a mettersi alla ricerca dei colpevoli, inseguendo fino all’altro capo del continente il giovane argentino Pablito, responsabile della strage. Cavaliere solitario dal grilletto facile, la silenziosa Marie ritrova nel viaggio, più che nel punto di arrivo, il senso di un’esistenza che ha perso ogni punto di appoggio, in un crescendo drammatico che culmina nell’incontro con la giovane moglie di Pablito che, ignara di tutto, allatta con dolcezza il figlio. Braccata da una camera a mano che ne coglie tormenti e sospiri, Marie si muove agilmente fra trafficanti e poliziotti corrotti, con il coraggio disperato di chi sa di non poter perder più nulla, fino all’inevitabile resa dei conti con il nemico, in un mezzogiorno di fuoco declinato al femminile in cui il furore e il sangue sembrano placarsi in una quiete disperata. Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia per le Giornate degli Autori, il film di Amigorena vibra nel gioco delle opposizioni che si fronteggiano per tutta la pellicola (freddo/caldo, città/deserto, quiete domestica/violenza urbana) e trovano composizione nel personaggio della protagonista, donna della legge dai trascorsi non del tutto limpidi, creatura minuta e fragilissima eppure equipaggiata di una buona dose di determinazione e di un’inflessibile forza di volontà, desiderosa di giustizia, ma attratta dalla prospettiva di vendicarsi di chi, in un solo colpo, le ha strappato gli affetti più cari. Se ben caratterizzata è la figura di Marie, più convenzionale è l’intreccio, che getta la propria eroina fra sangue e sparatorie, ispanici isterici e peones generosi, giocando in modo tradizionale con gli archetipi di un genere.