venerdì, Novembre 22, 2024

Venezia 69 – Concorso – Izmena di Kirill Serebrennikov (Russia 2012)

In una città russa due persone qualunque scoprono di essere tradite. Questo è il dato fattuale che sta alla base di Izmena – Betrayal, ciò che il regista Kirill Serebrennikov vuole innestare nella mente dello spettatore. I film che narrano di amori fedifraghi rappresentano non soltanto storie vendibili (per questo abusate), ma anche codici e metodi per lo più identici: il processo che sostiene il film è quasi sempre una sorta di ribaltamento delle parti, all’interno del quale la graduale focalizzazione dei personaggi favorisce lo sviluppo etico della vicenda. La visione dei più famosi film di genere, anche quelli più anticonformisti (da Allen a Pollock, passando per l’ultimissimo Kubrick), permettono di codificare fabule regolari che basano il loro successo nella ricerca di una morale più o meno conflittuale. Per buona parte di questo film Serebrennikov ripropone lo stesso tipo di testo: presenta una storia in medias res (quasi come in Una Separazione, restando in tema di drammi familiari) e lascia che i due protagonisti condividano i dolori del tradimento fino alla morte (non accidentale) dei rispettivi coniugi. Nel momento in cui ci si aspetterebbe l’inevitabile congiungimento dei due personaggi, ecco che i due si respingono. Si ritroveranno anni dopo, quando, entrambi risposati, non riusciranno ad evitare che il loro amore si impregni di morbosità e tragedia. L’elemento controverso del film non è tanto il plot, quanto modo e tono scelti dal regista. Serebrennikov è uno dei nomi nuovi del cinema russo insieme ad altri registi emergenti (tra cui Ivan Vyrypaev il cui Euforija richiama da vicino Izmena); un cinema nuovo non soltanto per questioni anagrafiche, ma anche e soprattutto poetiche. L’obiettivo principale che ci si pone è la creazione di film estremamente concreti e vividi, vagamente ascrivibili alle forme della (contro)cultura underground e contrastivi rispetto alla tradizione cinematografica e letteraria in genere (basti pensare al precedente di Serebrennikov, Playing the Victim, una rilettura libera e irriverente dell’Amleto shakespieriano). L’orizzonte concettuale che ne risulta costituisce una sostanziale rottura rispetto alla metafisica cui gli autori russi hanno sempre aspirato, da Tarkovskij fino a Sokurov e Fedorchenko. Eppure Izmena non rifiuta del tutto il confronto costruttivo con i mastri recenti del cinema russo. Serebrennikov ripropone un sistema rappresentativo classico nell’approccio, ma ricercato nella costruzione: tesse le storie dei due protagonisti secondo un canone inverso che lascia prevalere la vicenda della donna rispetto a quella dell’uomo; lo sguardo del regista è quasi ossessivo, nei movimenti delle sequenze così come nell’inerzia delle inquadrature statiche. In questo modo si dischiude un’estrema fisicità, un elemento che più di ogni altro definisce l’essenza del film: la storia non si sviluppa contro o secondo morale (come da norma), ma contro natura. Simile in questo agli autori russi più celebrati, Serebrennikov ostenta le reazioni fisiche dei propri personaggi, la rabbia, il disgusto, il dolore, finché il tessuto emotivo che sostiene il racconto si lacera. La morte per infarto di uno dei protagonisti pone una fine comprensibile, necessaria al film.

Davide Minotti
Davide Minotti
Davide Minotti nasce a Frosinone nel 1989. Dopo un'esperienza alla John Cabot University di Roma, si occupa ora di Germanistica e Scandinavistica tra l'Università degli Studi di Firenze e la Rheinische-Friedrich-Wilhelms-Universität di Bonn, dove vive. Appassionato di letteratura e cinema, spera che un giorno questi interessi possano diventare qualcosa di più concreto. Nel frattempo scrive e progetta cortometraggi nel perenne tentativo di realizzarli.

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