Captive, il penultimo film di Brillante Mendoza, presentato in concorso all’ultimo festival di Berlino e di cui abbiamo parlato approfonditamente da questa parte, per alcuni aveva introdotto una violenta cesura con il cinema del regista Filippino per un apparente allontanamento da un “metodo” a metà tra la finzione e il documentario che qui sembrava assestarsi in una dimensione più strutturata. In realtà eravamo di diverso avviso, per lo meno nel rilevare il modo in cui questi due mondi nel cinema di Mendoza continuavano a comunicare in forma assolutamente aperta con i limiti dell’inquadratura; gioverà ribadirlo ma in Captive, la Huppert era stata messa in condizione di sapere il meno possibile del modo in cui avrebbe interagito con la crew che interpretava il combo di terroristi, in una relazione con la natura e il suo metterla in atto che proprio per le coordinate apparentemente più strette ci era sembrato ancora una volta illuminante. Thy Womb torna a qualcosa che già conosciamo del cinema di Brillante Mendoza, ovvero a quella penetrazione marginale della Storia delle filippine attraverso lo sguardo documentario di Odyssey Flores, l’operatore che ha lavorato più a lungo con Mendoza, dove sullo sfondo della storia di una levatrice e di suo marito, la guerra tra Musulmani e Cristiani emerge come un eco minacciosa che in un certo senso modifica, invisibile ai nostri occhi, il percorso e la vita di queste persone. Shaleha e Bangas, sono sposati da anni, la prima è una levatrice e non riesce più a dare un figlio al marito, si imbarcherà in una ricerca per trovare una nuova moglie per Bangas, affinchè il suo sogno di essere nuovamente padre venga in qualche modo soddisfatto. Mendoza segue la ricerca di Shaleha con quella forza che più spesso abbiamo definito aptica, tattile, rispetto al fluire della vita, una relazione di mutua influenza tra finzione e documentario che ricorda per certi versi il racconto di una parte delle Filippine nel bellissimo Lola. Mendoza sembra avvicinarsi ad una percezione positiva dell’incontro tra culture, ne è un esempio il parto “a trois” dove Bengas sostiene la nuova moglie, mentre Shaleha le consente di partorire, o in una dinamica diversa la splendida sequenza della barca con mucca a bordo che si rovescia per il passaggio di un’imbarcazione militare, filmata da Mendoza con la stessa abilità disgiuntiva, ovvero senza una relazione diretta tra causa ed effetto ma come se ci si trovasse in quel momento a vivere la flagranza di un evento; colpisce in questo momento di Cinema la forza di un popolo ancora tutt’uno con le proprie tradizioni e la capacità di un autore a cui probabilmente dovremmo chiedere semplicemente di continuare ad osservare il Cinema da una prospettiva liminale e anti dogmatica.